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I paesi del nord Europa al top per le politiche di sviluppo

Secondo una recente pubblicazione del think-tank americano Centre for Global Development, i paesi dell’UE sono all’avanguardia in materia di politiche di sviluppo. Undici paesi dell’Unione dominano la top 12 del Commitment to Development Index 2018 (CDI), il report che analizza lo sforzo dei 27 Paesi più ricchi del mondo nel contesto della cooperazione internazionale prendendo in considerazione sette aree politiche distinte: Aiuti, Finanza, Tecnologia, Ambiente, Commercio, Sicurezza, Migrazioni. Non sorprende il primato di Svezia e Danimarca che già nelle precedenti edizioni di questo studio occupavano le prime due posizioni. La sorpresa è invece il balzo in avanti della Germania che si posiziona al terzo posto, la prima volta che un paese nel G7 raggiunge la vetta di questa classifica. Secondo gli analisti sarebbe il risultato del piano di investimento con l’Africa della Merkel messo al centro della sua presidenza del G20. L’Italia scende di un gradino passando dalla 14° alla 15° posizione.

 

Oltre alle generose politiche di aiuto, i paesi ottengono buoni risultati in questo indice se promuovono la trasparenza finanziaria, hanno scarse barriere commerciali per i paesi in via di sviluppo e hanno politiche migratorie che sono aperte e promuovono l’integrazione. Contribuiscono alla classifica anche la protezione dell’ambiente, i contributi alle missioni di mantenimento della pace e le limitazioni alla vendita di armi a nazioni povere e non democratiche.

Gli Stati Uniti, nel frattempo, si sono classificati al 23 ° posto, la stessa posizione che ha avuto l’anno scorso. L’amministrazione di Donald Trump ha mostrato infatti scarso interesse per le politiche di sviluppo. Il Dipartimento di Stato si è visto tagliare il budget e alcune delle posizioni diplomatiche più importanti, incluse quelle riguardanti gli affari africani, sono state fortemente ridimensionate Tuttavia, questa apparente mancanza di interesse si è tradotta in pochi cambiamenti politici, con il bilancio degli aiuti USA che è sceso dallo 0,19% nell’ultimo anno della presidenza di Barack Obama allo 0,18% del reddito nazionale lordo nel 2017.

Questi dati però, a detta dei redattori del rapporto, non rappresentano ancora il ritiro degli Stati Uniti dall’accordo sui cambiamenti climatici di Parigi o l’impatto dell’imposizione delle tariffe commerciali da parte dell’amministrazione Trump, che danneggerà molti paesi in via di sviluppo. “Probabilmente vedremo un cambiamento (nella posizione degli Stati Uniti) l’anno prossimo o nel 2020”, ha affermato Anita Käppeli del CGD.

 

Per quanto riguarda i paesi dell’UE esiste ancora una divisione tra i paesi dell’Europa occidentale e settentrionale e le loro controparti tipicamente più povere nell’Europa centrale, meridionale e orientale. La Polonia e la Grecia sono in coda alla classifica mentre il Portogallo si conferma l’eccezione positiva del sud Europa grazie ai suoi investimenti positivi in materia di ambiente e migrazione.

 

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