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La Corte Suprema blocca Trump: da ripristinare 2 miliardi di aiuti USAID

Il congelamento degli aiuti umanitari deciso da Donald Trump ha subito un un primo colpo. La Corte Suprema degli Stati Uniti ha infatti bocciato la richiesta dell’amministrazione repubblicana di trattenere quasi 2 miliardi di dollari destinati a organizzazioni che operano nel settore della cooperazione internazionale. Il 20 gennaio scorso, nel suo primo giorno del secondo mandato, Donald Trump aveva firmato un ordine esecutivo per bloccare migliaia di programmi di aiuti USAID in tutto il mondo.  Il congelamento degli aiuti è stato supervisionato da Elon Musk, a capo del Dipartimento per l’efficienza governativa e principale architetto della politica di tagli e ridimensionamenti dell’apparato federale. Musk ha promosso una gestione “cost-cutter“, bloccando pagamenti già approvati, nonostante un’ordinanza restrittiva temporanea emessa il 13 febbraio da un giudice federale.

La battaglia legale e il verdetto della Corte Suprema

Dopo il congelamento dei fondi, diverse organizzazioni non profit e contractor di USAID hanno intentato azioni legali contro il governo. Il 13 febbraio, il giudice federale Amir Ali aveva emesso un’ordinanza provvisoria per impedire all’amministrazione di interrompere i pagamenti relativi a contratti già stipulati. La Casa Bianca, tuttavia, ha ignorato l’ordine, portando il giudice a imporre, il 25 febbraio, un’ingiunzione che obbligava l’esecutivo a versare 1,5 miliardi di dollari in arretrato. Trump ha quindi chiesto un intervento d’urgenza alla Corte Suprema, sperando di ottenere la revoca dell’ingiunzione. Ma il 5 marzo, il massimo tribunale ha respinto il ricorso con un voto di 5-4, obbligando il governo a ripristinare i finanziamenti.

Il voto decisivo e la spaccatura nella Corte Suprema

L’aspetto più sorprendente di questa sentenza è la spaccatura all’interno della Corte Suprema, dominata da una maggioranza conservatrice (6-3) grazie alle nomine effettuate dallo stesso Trump durante il suo primo mandato. Tuttavia, nella decisione finale, la maggioranza si è dissolta, con un verdetto 5-4 che ha visto il Chief Justice John G. Roberts e la conservatrice Amy Coney Barrett unirsi ai tre giudici liberal, sconfessando l’amministrazione repubblicana. Uno dei giudici conservatori dissenzienti ha espresso forte disappunto, affermando che la decisione ha permesso a un singolo giudice distrettuale di costringere il governo a spendere (o perdere per sempre) 2 miliardi di dollari dei contribuenti. Un’accusa che evidenzia la profondità dello scontro tra i sostenitori di un’America isolazionista e coloro che ritengono gli aiuti internazionali un pilastro della politica estera statunitense.

Le critiche e il futuro della politica estera americana

L’amministrazione Trump ha giustificato la sospensione dei fondi con la necessità di esaminare le spese e garantire che i finanziamenti non fossero sprecati o usati contro gli interessi statunitensi. Tuttavia, secondo gli avvocati delle ONG, la decisione di congelare gli aiuti è stata una scelta politica travestita da controllo finanziario, con lo scopo di smantellare le strutture tradizionali della cooperazione americana. I critici interni alla Corte Suprema hanno denunciato “un’emergenza creata dal governo stesso”, affermando che l’intervento dell’esecutivo non solo ha violato la legge, ma ha minato la credibilità internazionale degli Stati Uniti come principale attore nel panorama della cooperazione globale.

Il rischio ora è che la vicenda non sia affatto conclusa. La Casa Bianca, infatti, potrebbe tentare di riprogrammare i fondi o aggirare la decisione della Corte con nuove manovre amministrative. L’udienza del prossimo 10 marzo rappresenterà un ulteriore banco di prova per la stabilità delle politiche umanitarie statunitensi.

La decisione della Corte Suprema segna una battuta d’arresto significativa per la politica isolazionista di Trump, ma lascia aperti molti interrogativi sul futuro degli aiuti internazionali sotto la sua amministrazione. Mentre le organizzazioni umanitarie tirano un sospiro di sollievo per il ripristino dei fondi, resta l’incertezza su cosa accadrà nei prossimi mesi. Il tentativo di smantellare USAID e ridurre drasticamente gli aiuti esteri non è stato del tutto sventato.

Il verdetto della Corte Suprema non è solo una questione finanziaria, ma un segnale politico: anche in un’America sempre più divisa, esiste ancora un freno ai poteri presidenziali quando questi minacciano principi fondamentali come il diritto alla cooperazione internazionale e alla solidarietà globale.


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