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Riforma della 49, ecco la bozza di Pistelli

Ci sono voluti più di 200 giorni dalla nascita del governo Letta, ma alla fine la bozza di riforma della 49 è una realtà. Nei giorni scorsi abbiamo avuto modo di leggere una prima versione del testo, si tratta di una legge quadro d’iniziativa governativa che si articola in 17 pagine e 32 articoli, la base di partenza è il testo unico approvato dalla Commissione Esteri del Senato allo scadere della scorsa legislatura. Eppure la strada da percorrere per arrivare al Consiglio dei Ministri non è proprio così breve.

 

Ad oggi infatti sembra che il testo sia stato oggetto di un percorso di condivisione e confronto interno solo al MAE. Da qui inizierà la relazione e lo scambio ufficiale con il MEF e la Funzione Pubblica che potrebbero riservare sorprese ed eventuali nuovi ostacoli soprattutto per quegli articoli che comportano costi e gestione di risorse umane e finanziarie (vedi Fondo Unico e Agenzia per la Cooperazione.

 

Il testo, trapelato dalle stanze della Farnesina, non è stato ancora sottoposto in modo formale a nessuna consultazione ed è molto probabile che non lo sarà neanche in futuro, vista la sua origine governativa e non parlamentare. Ad oggi è stato circolato informalmente a un numero non precisato di attori. Rispetto al testo Tonini-Mantica, più volte dibattuto in passato, la nuova proposta di Pistelli approfondisce il funzionamento e la gestione finanziaria dell’Agenzia per la Cooperazione, dedica un apposito articolo alla partecipazione dei soggetti aventi finalità di lucro (imprese, cooperative e istituti bancari) e ridimensiona di fatto il Fondo Unico.

 

Abbiamo chiesto una prima impressione a caldo su questa bozza circolata a Luca De Fraia, Segretario Generale aggiunto di Actionaid, e a Silvia Stilli, neo eletta portavoce della AOI.

 

Secondo De Fraia le anticipazioni del contenuto del disegno di legge governativo di riforma della legislazione che regola la cooperazione allo sviluppo parlano di un intervento di sostanza. Un test fondamentale sarà il peso che le politiche di cooperazione avranno nella compagine governativa; la risposta sembra venire a più livelli: la scelta di cambiare ragione sociale al Ministero, che dovrebbe diventare il Ministero per gli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale; la presenza di un Vice Ministro che potrà partecipare alle riunioni di Governo che possano avere attinenza, diretta o indiretta, con le politiche di cooperazione; la programmazione sarà approvata dal Consiglio dei Ministri; un Comitato interministeriale guidato dal Presidente del Consiglio.

Art. 10 – Competenze del Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale e nomina del vice ministro della cooperazione allo sviluppo
1. La responsabilità politica della cooperazione allo sviluppo è attribuita al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, che ne stabilisce gli indirizzi e assicura l’unitarietà e il coordinamento di tutte le iniziative nazionali di cooperazione, nell’ambito delle deliberazioni assunte dal Comitato di cui all’articolo 14.

2. La delega alla cooperazione allo sviluppo è attribuita ad un vice ministro ai sensi e con le procedure di cui all’articolo 10 della legge 23 agosto 1988, n. 400, e successive modificazioni.

3. Il decreto di nomina prevede la partecipazione del vice ministro alle riunioni del Consiglio dei ministri in tutti i casi nei quali esso tratti materie che, in modo diretto o indiretto, possano incidere sulla coerenza e sull’efficacia delle politiche di cooperazione allo sviluppo, di cui all’articolo 2, comma 2. Il decreto di attribuzione delle deleghe riguarda le competenze in materia di cooperazione allo sviluppo che la presente legge attribuisce al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, in particolare, le competenze di cui agli articoli 16 e 19.

4. Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale sono attribuiti il controllo e la vigilanza sull’attuazione della politica di cooperazione allo sviluppo nonché la rappresentanza politica dell’Italia nelle sedi internazionali e dell’Unione europea competenti in materia di APS.

5. Le competenze attribuite dalla legislazione vigente al Ministro dell’economia e delle finanze in materia di relazioni con le banche e i fondi di sviluppo a carattere multilaterale e di partecipazione finanziaria a detti organismi sono esercitate d’intesa e in coordinamento con il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, nel rispetto delle finalità e degli indirizzi di cui ai commi 1 e 4 del presente articolo e all’articolo 11.

Cambiamenti anche su altri fronti: la programmazione, con l’introduzione di un piano triennale che sarà il risultato della collaborazione dei diversi attori pubblici di cooperazione e che dovrà indicare le priorità geografiche e per i singoli Paesi; introduzione di previsioni in tema di coerenza delle politiche; creazione di un agenzia, dotata di autonomia di bilancio e il cui direttore verrà nominato dal Presidente del Consiglio. Qualche campanello di allarme già si fa sentire, specie per quelle previsioni che riguardano il ruolo del settore privato come soggetto di cooperazione e quelle che consentono il finanziamento di interventi all’estero di imprese italiane, gli obiettivi di cooperazione dei quali dovranno essere certamente oggetto di attento scrutinio.Art. 26 Soggetti aventi finalità di lucro – 1. La cooperazione allo sviluppo riconosce e favorisce l’apporto delle imprese, delle cooperative e degli istituti bancari ai processi di sviluppo dei paesi partner, nel rispetto dei principi di trasparenza, concorrenzialità e responsabilità sociale.

Art. 26  Soggetti aventi finalità di lucro – 1. La cooperazione allo sviluppo riconosce e favorisce l’apporto delle imprese, delle cooperative e degli istituti bancari ai processi di sviluppo dei paesi partner, nel rispetto dei principi di trasparenza, concorrenzialità e responsabilità sociale

Infine, conclude De Fraia, il destino del fondo unico sembra naufragato e al suo posto potrebbe comparire una sorta di budget consolidato dove far confluire i numeri delle diverse amministrazioni. Quando il testo della riforma potrà essere finalmente oggetto di discussione pubblica, potremo confrontarci con Parlamento e Governo; ci sarà certamente del lavoro da fare per verificare la profondità di questi cambiamenti e la qualità della riforma nel suo complesso.

 

Anche Silvia Stilli si sofferma sulla costruzione di un calendario di consultazioni da parte di Governo e Parlamento con gli attori privati e le istituzioni decentrate della cooperazione internazionale italiana. Le organizzazioni della società civile chiedono a questo punto che si apra sul testo un confronto con l’intergruppo sulla cooperazione internazionale della Camera dei Deputati. Nel testo ricevuto da molti informalmente si conferma l’istituzione dell’Agenzia come perno fondamentale della riforma, ma viene abbandonata l’idea del Fondo Unico, garanzia della volontà di riportare ad unità effettiva la gestione delle risorse presenti nei vari capitoli dei Ministeri. C’è in alternativa l’indicazione di una modalità di lettura unitaria nel budget dello Stato di queste diverse attribuzioni divise nei capitoli (ambiente, finanze, istruzione e cultura e ricerca, altro.

 

Nonostante tale presentazione di Fondo Unitario, l’Agenzia risulta avere minore autorevolezza nella costruzione di una coerenza effettiva delle politiche e della trasversalità della cooperazione internazionale. Positive le proposte di strumenti e luoghi politici di concertazione e programmazione condivisa, da meglio specificare nella versione finale. Ci sono infine ‘refusi’ culturali che vanno corretti laddove nel testo si descrive il rapporto tra la politica di cooperazione internazionale allo sviluppo e gli attori sociali: non deve esserci alcuna confusione nella comprensione e nell’affermazione del valore della sussidiarietà e dell’autonomia dei soggetti non istituzionali.

Art. 21
(Soggetti della cooperazione allo sviluppo)
1. La cooperazione allo sviluppo riconosce e valorizza il ruolo dei soggetti pubblici e privati italiani nella realizzazione di programmi e di progetti di cooperazione allo sviluppo, sulla base dei principi di sussidiarietà.

2. Sono soggetti di cooperazione allo sviluppo:
a) le amministrazioni dello Stato, le università e gli enti pubblici;
b) le regioni, le provincie autonome di Trento e di Bolzano e gli enti locali;
c) le organizzazioni della società civile e ad altri soggetti senza finalità di lucro.

3. Possono essere soggetti di cooperazione allo sviluppo anche imprese commerciali e soggetti con finalità di lucro quando agiscono con finalità conformi ai principi della presente legge, per la promozione della pace e della giustizia nel quadro di relazioni solidali e paritarie con gli altri popoli.

Nonostante questi punti, che potranno sicuramente essere discussi e condivisi, la volontà di portare avanti la riforma in tempi stavolta certi e ravvicinati è recepita positivamente dal mondo non governativo, che vuole essere partecipe appieno alla buona riuscita finale del processo.

 

In attesa di poter pubblicare il testo integrale della proposta di riforma chiediamo a chi ha già avuto modo di leggerlo di contribuire al dibattito con un commento a questo post.

 


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  1. commento a caldo sul punto <> : se nel prossimo Governo il Consiglio dei Ministri dovesse decidere che le competenze sono invece assegnate al Ministro per la Cooperazione (conme lo è stato per Riccardi) oppure al Ministero per l’Integrazione, già si dovrebbe cambiare la legge e perdere altro tempo….
    Qual’è lo scopo di cristallizzare le competenze in capo al Ministero degli Esteri?

    Un altro commento ancora sull’ Art. 26 :<> . Bisogna capirne meglio il portato e le conseguenze , perchè apre la strada a interpretazioni pericolose: ve lo immaginate se anche le BANCHE, le grandi imprese o le Centrali Cooperative, se non interdette allo scopo, potessero accedere alla partecipazione a bandi , alla presentazione di progetti con risorse pubbliche ecc? Immaginate le conseguenze…. a partire dal fato che su una torta sempre più piccola ci si trova a far fette sempre piu’ numerose….basterebbe quello per chiedere “Sutor ne ultra crepidam!”

  2. Credo che la proposta di legge di riforma della 49 vada esaminata alla luce dei limiti di quella in vigore e nel confronto con le esigenze poste dal nuovo quadro internazionale post crisi del 2008.
    Da questo punto di vista le novità appaiono veramente poche e poco significative.
    Attenendosi al testo, considerato il combinato disposto dell’intero testo, quattro aspetti mi sembrano poco chiari e mi preoccupano:
    -l’effettiva autonomia della Cooperazione dagli interessi a breve della diplomazia o del commercio estero.
    -la guida della cooperazione pubblica da parte di un corpo permanente di esperti di cooperazione.
    -il rapporto fra costi complessivi del sistema e i fondi gestiti e i risultati attesi.(spending review)
    -l’effettiva valorizzazione degli attori non statali, nella loro specificità e autonomia.
    Spero che il dibattito consenta di apportare al testo le modifiche che rendano chiari questi elementi.
    Giancarlo Malavolti
    Cocis

  3. OK. La nuova legge è in bozza. Ma sembra già vecchia.Potrebbe essere stata scritta, come forse lo è stata,prima della rivoluzione tecnologica di Internet.
    1) La allocazione delle risorse, la sua distribuzione ed i feed back valutativi sono costruiti in ottica corporativa e non sistemica, come sarebbe necessario. Così dicasi per il disegno oraganizzativo a livello inter- ministeriale: si cerca il coordinamento quando bisognerebbe pensare alla ‘ integrazione ‘;
    2) la organizzazine a Rete o matriciale non traspare a livello normativo primario. Forse si ritiene erroneamente trattarsi di mera applicazione, ignorando la valenza paradigmatica dell’ICT;
    3) La Cooperazione della UE svolge un ruolo ‘ additivo ‘ e non come riferimento centrale, sia per logica organizzativa che per risorse impiegate, come dovrebbe essere. Nelle premesse si enuncia un principio ‘ olistico ‘ e ci si riferisce a Busan; ma non ci sono ricadute in termini complessivi;
    5) La rivoluzione dei paesi emergenti ( Cina, India, sud Africa, Brasile ), non sembrano incidere in alcun modo sulla riforma per una Cooperazione Nuova. Eppure il mondo è cambiato, anche solo rispetto a 10 anni fa.
    5) Certo quanto dico è ‘ generale ‘, ma le questioni di cooperazione allo sviluppo, in epoca di globalizzazione e di nuovo paradigma relazionale, devono essere affrontate in ottica globale. Meglio, in ottica ‘ Glocale ‘. Ma di questo,forse se ne è già parlato, nelle sedi preposte, e la realtà di bozza sembra inseguire ancora vecchie logiche.
    6) certamente, non ignoro che lo strumento che sto usando risponde alla logica ICT di cui dicevo. E già è una cosa. E dunque, auguro fiducioso: Buon lavoro.

  4. Pur malvolentieri mi preme insistere sulla bozza di disegno di legge del governo sulla cooperazione allo sviluppo in circolazione da settimane ma su cui è calato un inquietante silenzio delle Ong e dell’associazionismo.
    Forse i forum di discussione sono altrove (dove?), ma avrei immaginato reazioni un poco piu’ scoppiettanti dopo il grande Forum di Milano, nella cui preparazione si accesero discussioni sulla singola parola.
    Posto qui un commento non mio , ma di Giulio Marcon, non perché condivida il segno del suo partito (SEL), ma in quanto parlamentare decisamente impegnato da sempre sui temi della pace e cooperazione (vedi proposta di legge” Riorganizzazione della cooperazione allo sviluppo e delle politiche di solidarietà internazionale”).
    Con la speranza di stimolare riflessioni e confronti su un passaggio troppo importante della cooperazione, che condizionerà i prossimi decenni, per poter essere vissuto così in silenzio.
    <<La vecchia legge 49 del 1987 è ormai superata dagli eventi e, purtroppo, ha avuto una gestione fallimentare. Inoltre negli ultimi anni i fondi per la cooperazione sono drammaticamente diminuiti, ridotti al lumicino.
    La proposta del governo -accanto ad alcune novità riguardo ai principi e ai soggetti dell’Aiuto Pubblico allo Sviluppo- contiene molte disposizioni sbagliate: fa della cooperazione uno strumento subalterno e residuale della politica estera, apre varchi molto ampi al settore profit e alle imprese, non istituisce il fondo unico della cooperazione (accontentando il Ministero dell’Economia, che così potrà gestire una parte degli stanziamenti) che sarebbe stato fondamentale per dare coerenza e unitarietà alla cooperazione e non riconosce l’importanza dell’apporto del volontariato, come denunciato dalla Focsiv, la federazione delle ONG di ispirazione cristiana.
    Il rischio è che la cooperazione allo sviluppo rimanga prigioniera dell’apparato diplomatico del Ministero degli Esteri e apra la strada al mercato e al cosiddetto partenariato pubblico-privato; e cioè alle imprese. È una legge che rischia di scontentare gran parte le mondo della cooperazione non governativa e della società civile e di annegare alcune innovazioni del testo nella palude della casta del corpo diplomatico della Farnesina, nella tecnocrazia del Ministero dell’Economia e nei bassi interessi di una parte del mondo delle imprese.
    Non è questa la legge che si aspetta chi in questi anni si è impegnato per la solidarietà e la cooperazione tra i popoli. Di altro ci sarebbe bisogno. Sarebbe necessario liberare la cooperazione dalla subalternità alla politica estera, al commercio con l’estero, all’interventismo militare. Invece, si fa della cooperazione l’ancella dei diplomatici, lo strumento dell’internazionalizzazione delle imprese, l’ambulanza degli interventi militari. Come in Afghanistan.
    Servirebbe una politica pubblica di cooperazione capace di valorizzare il ruolo della società civile del Sud del mondo, di mettere al centro il tema della giustizia economica e sociale, di puntare alla coerenza delle altre politiche (commerciali, finanziarie, ecc) con la filosofia e gli obiettivi di un’ autentica cooperazione allo sviluppo. Di tutto questo nella proposta di legge del governo c’è molto poco

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