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La riforma è legge, al via una nuova fase per la cooperazione italiana

La commissione Affari esteri del Senato, riunita venerdì scorso in sede deliberante, ha approvato in via definitiva il Disegno di legge (Ddl) di riforma della Cooperazione italiana allo sviluppo, già approvato dalla Camera dei deputati lo scorso 17 luglio e, in prima lettura, dall’aula di Palazzo Madama il 25 giugno. Il Ddl, dal titolo ”Disciplina generale sulla cooperazione internazionale per lo sviluppo”, riforma integralmente il precedente assetto istituzionale della cooperazione allo sviluppo ed adegua la normativa italiana ai nuovi principi ed orientamenti emersi nella comunità internazionale sulle problematiche dell’aiuto allo sviluppo negli ultimi venti anni. Il provvedimento aggiorna in modo sistematico il sistema dopo 27 anni dall’approvazione della legge 49 del 1987 sulla Cooperazione allo sviluppo.

 

“La riforma è stata finalmente approvata, dopo 27 anni di tentativi mai riusciti, in pochi mesi dall’inizio del governo Renzi ed è un grande traguardo”, ha detto la Ministra Mogherini, come si legge in una nota diffusa dalla Farnesina. “Per me è anche un motivo di soddisfazione personale perché avevo lavorato per anni alla riforma della cooperazione già da parlamentare”, ha ricordato, “ed è un segnale importante che il testo sia stato votato sostanzialmente all’unanimità, grazie all’impegno straordinario del viceministro Lapo Pistelli che ringrazio, e il raccordo costante con i due rami del parlamento, tutti i gruppi parlamentari e le organizzazioni non governative”.

 

Fissato il quadro normativo, la strada è ancora lunga perchè si possano vedere i primi veri cambiamenti. L’elaborazione dei regolamenti attuativi dovranno essere seguiti con attenzione a partire dallo statuto della nuova “Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo” che dovrebbe essere varato nell’arco di 180 giorni.

 

Altro passaggio importante sarà la nomina del Direttore dell’Agenzia stessa che secondo l’articolo 17 della nuova legge è nominato dal Presidente del Consiglio dei ministri su proposta del Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, a seguito di procedura di selezione con evidenza pubblica improntata a criteri di trasparenza, per un mandato della durata di quattro anni, rinnovabile una sola volta, tra persone di particolare e comprovata qualificazione professionale e in possesso di documentata esperienza in materia di cooperazione allo sviluppo.

 

Restano poi diversi altri punti da monitorare con attenzione, alcuni di questi sono indicato oggi da un comunicato di CINI:

 

1. Il ruolo centrale riservato al privato profit ci obbliga a molta cautela e soprattutto a vigilare in fase attuativa. I criteri e le modalità per la partecipazione del privato profit andranno stabiliti in modo molto chiaro e stringente e non solo con un vago riferimento agli standard internazionali, pena il rischio di utilizzare la cooperazione per finalità improprie e il ritorno all’aiuto legato;
2. Esiste un rischio di sovrapposizione e di concorrenza tra la nascente Agenzia e quel che resterà della Direzione Generale per la Cooperazione allo Sviluppo (DGCS) che potrebbe fortemente ridurre la portata innovatrice della riforma se non addirittura condurre alla paralisi, come già sperimentato in occasione della breve esperienza del Ministro per la Cooperazione nominato dal Governo Monti;
3. Il Fondo Unico, da noi fortemente auspicato, che raggruppasse tutte le risorse della cooperazione allo sviluppo, su cui il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale avesse potere di indirizzo, coordinamento e definizione delle priorità, è stato sostituito da un semplice “allegato al bilancio”, ovvero uno schema riassuntivo delle risorse disponibili che tuttavia continuano ad essere gestire in sostanziale autonomia dai diversi dicasteri competenti;
4. Il Consiglio nazionale per la cooperazione allo sviluppo (CNCS) non ha un ruolo concertativo ma solo consultivo e non può autoconvocarsi, questo ne depotenzia notevolmente il peso e la portata. Anche in questo caso dipenderà dal Vice Ministro in carica il ruolo che questo importante organo riuscirà ad avere;
5. Rischio di concorrenza tra Agenzia, abilitata a raccogliere fondi, ricevere donazioni e lasciti, e la società civile che in assenza di risorse pubbliche si è organizzata per finanziare le proprie attività raccogliendo fondi autonomamente;
6. E’ stata introdotta una novità importante che non abbiamo ancora avuto modo di approfondire e su cui sospendiamo il giudizio: la Cassa Depositi e Prestiti assumerà, in esclusiva, il ruolo di istituzione finanziaria per la cooperazione.

 


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  1. Indubbiamente si tratta di un passo avanti. Noi crediamo che il coinvolgimento del non profit, soprattutto se saranno le piccole e medie imprese protagoniste, sarà possibile fare quel passo avanti indispensabile per sostenere i processi di sviluppo che le ong e le associazioni promuovono nei tanti sud del mondo senza, a volte, creare quella stabilità e continuità socio-economica dei progetti.

  2. Che cosa c’è scritto nella nuova legge di cooperazione allo sviluppo che ha portato, contrariamento al passato, ad una rapida e quasi unanime consenso, in parlamento ? Si dice: in essa sono rispecchiati, valori, principi, strumenti e modalità di funzionamento indicati, da diversi anni, dalla cooperazione internazionale, a Parigi – Accra – Busan; a Monterrey, Davos, Porto Allegre . E nei diversi G 8 – 20. E dunque, non si aspetti oltre, si vada alla sua attuazione, come previsto, con decreti delegati, regolamenti direttive e nomine.
    Contributo alla discussione .
    Tutto vero. Ma a noi sembra che, da un punto di vista strategico , mancano alcuni elementi fondamentali per poter procedere adeguatamente: 1) mancanza di coordinamento, organizzativo e funzionale, tra cooperazione allo sviluppo europea e cooperazione internazionale di cui alla legge, in esame. Ad esempio, non ultimo, con la legge 234 del 2012, che regola modalità di partecipazione dell’Italia alla formazione della normativa della Unione Europea, anche in materia di cooperazione, con la quale non vi sembra che vi sia una ‘ intelligenza’ ; 2) mancanza di coordinamento tra normativa interna di riforma della PA, come gestione del personale, ruolo unico, riforma dirigenza, nonché con la normativa in materia di Agenda digitale, e trasparenza; 3) mancanza di coordinamento tra costituzione di Agenzia tecnica del ministero della Coesione, per la gestione dei fondi strutturali europei, anche in materia di cooperazione ( EIPA + ) ed Agenzia per il Project financing e management finanziario, pubblico – privato, per la gestione di progetti di Sviluppo, interno ed esterno, presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri;
    Si dirà: è vero, ma ciò sarà fatto con i decreti delegati e regolamenti, direttive e nomine, nei brevi termini previsti. Io non credo che questa sia una risposta soddisfacente perché, se fosse vera la mia analisi, nelle sue implicazioni strategiche, non è possibile fare dopo e con normativa di rango inferiore, quello che è necessario fare subito e con normativa di rango di legge ordinaria. Anzi, occorrerebbe una riforma costituzionale. Come in effetti anche è in discussione.
    Che cosa si dovrebbe fare?
    1) Ripensare il disegno organizzativo della cooperazione internazionale dell’Italia, alla luce della riforma della PA, in via di approvazione, avendo questa ultima, carattere logico e funzionale assorbente. Si pensi, alla normativa in materia di ICT ed Agenda digitale nonché alla normativa sul personale in materia di dirigenza, flessibilità e trasparenza;
    2) Ripensare la costruzione del sistema italiano di cooperazione, in stretto coordinamento on la Unione Europea, tenendo conto ad esempio, della organizzazione della diplomazia europea;
    3) Chiarire bene, ruolo e relazione delle due citate Agenzie, in materia di gestione di fondi europei, e cooperazione internazionale;
    4) Infine, leggo dalla Rassegna stampa di ieri, che ci sono 40 miliardi di Fondi EU, per i prossimi 6 anni, che forse l’Italia non riuscirà ad incassare per mancanza delle condizioni di operatività del nostro Paese. Attenzione, non per incapacità tecnica delle Agenzie tecniche di gestione; bensì per mancanza di adeguata ‘ Governance ‘ del sistema Italia nel suo complesso. Dunque riforma P a ; Agenda digitale e Trasparenza.
    Insomma, non rimandare tutto questo ai prossimi decreti delegati e normativa secondaria. Che non è adeguata allo scopo. E tenuto conto degli ‘ interessi di bottega ‘, per quanto legittimi, ad una visione corta e breve, non idonei allo scopo: riforma del sistema paese.

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