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Quelle valorizzazioni che non valorizzano, anzi escludono

Qualche giorno dopo la chiusura delle procedure relative al primo bando dell’Agenzia italiana per la Cooperazione, possiamo tornare serenamente a parlare di questa prima esperienza dell’AICS nel ruolo (difficile) di ente erogatore di risorse pubbliche destinate alla cooperazione allo sviluppo. E’ utile in questa fase fare il bilancio di quello che ha funzionato e quello che invece deve necessariamente essere rivisto. Nelle ultime settimane abbiamo ricevuto tante comunicazioni da diversi operatori e organizzazioni che ci sottopongono problemi e criticità di questo bando, dopo averle vissute in prima persona. Abbiamo deciso di affrontarle una per volta in modo da poter entrare nel merito di specifiche questioni.

 

Guardando le dinamiche di questo bando nel suo complesso, possiamo dire che a trionfare sono state sicuramente le “verifiche amministrative”, in poche parole le carte bollate. Bisogna riconoscerlo, non poter neanche valutare nel merito il 20% delle proposte progettali pre-selezionate con la prima fase di valutazione dei concept note, a causa di mancanza e/o incompletezza di documentazione di supporto, è un problema. Questo ovviamente se crediamo che il bando sia lo strumento per identificare i migliori progetti su cui investire il budget della Cooperazione Italiana. Diverso è se il bando viene interpretato quasi fosse un concorso pubblico ad esami o una gara a ostacoli.

 

Ma entriamo nel merito del problema. La quasi totalità dei progetti che non hanno superato le verifiche amministrative sono incappate in incompletezza e/o irregolarità presunta della documentazione legata alle cosiddette valorizzazioni o “apporti in valore”. Stiamo parlando di quelle voci che possono essere apportate in valore da parte dei proponenti e/o dei partner fino a un massimo del 15% del budget del progetto.

 

Il bando, nell’allegato 12, stabilisce che “ogni apporto in valore fornito all’iniziativa deve essere quantificato in base al relativo costo o valore attuale sul mercato, calcolato in rapporto al periodo di impiego rispetto all’iniziativa. Per le valorizzazioni di opere civili, terreni e attrezzature dovrà essere prodotta e allegata alla proposta completa la documentazione a supporto della stima effettuata. Tale documentazione (perizie giurate, dichiarazioni di tecnici competenti iscritti ad appositi albi professionali, etc.) dovrà essere rilasciata da soggetti in possesso di riconosciute competenze specifiche. È possibile valorizzare solo spese direttamente connesse alla realizzazione delle attività”.
Il controllo ex ante di questa documentazione può decretare l’esclusione del progetto dal bando prima ancora della valutazione di merito. Il bando infatti recita all’art. 5 comma 5 “la redazione erronea o incompleta – compreso il mancato rispetto dei massimali indicati per le spese ammissibili – di uno dei documenti previsti ai commi 2 e 3 del presente articolo è causa di esclusione dell’iniziativa proposta dal procedimento”.

 

Per verificare l’ammissibilità di alcune valorizzazioni, quelle relative a opere civili, terreni e attrezzature, l’AICS richiede di produrre delle perizie giurate e/o dichiarazioni di tecnici competenti nelle quali si dichiari il valore di mercato del bene valorizzato. Tutto questo potrebbe sembrare lineare e semplice se non stessimo parlando di progetti che nella maggior parte dei casi si realizzano in territori complicati dove non esistono apparati, albi e professionalità atte a produrre quanto richiesto dall’AICS. Poi si sa, tutto il mondo è paese, quindi basta pagare e un pezzo di carta bollata qualcuno te lo firma.

 

Ora, prescindendo dalla necessità reale di dover verificare questi valori attraverso la documentazione richiesta dall’AICS, la vera domanda è: perché fare questa verifica ex-ante, prima ancora che la proposta progettuale sia stata effettivamente valutata? Perché rendere escludente questo tipo di verifica? Nella maggior parte dei casi queste verifiche vengono fatte su progetti che non saranno neanche implementati.
E’ utile anche tenere presente che questi apporti in valore, nel caso in cui l’iniziativa venga implementata, dovranno poi essere giustificati e rendicontati e nel caso in cui la documentazione a supporto non fosse ritenuta valida, possono essere ritenuti ineleggibili.

 

Allora perché non spostare questa verifica ad una fase successiva della valutazione? O meglio ancora in fase di rendiconto del progetto approvato? Non è più sensato entrare nel merito di questi tecnicismi solo dopo aver deciso o meno che il progetto in questione sia valido/interessante per il finanziamento da parte della Cooperazione Italiana?
E se queste voci poi fossero ritenute ineleggibili, perché non stralciarle semplicemente dai budget di progetto e convertirle automaticamente in contributo monetario?

 

Oggi invece, per come funziona questo bando, le riteniamo talmente fondamentali che siamo pronti a sacrificare un’intera progettazione (lavoro, relazioni, impegno, professionalità, soldi) nel nome di una carta bollata tanto da non valutarla neanche nel merito.

 

Il dibattito è aperto. Se volete segnalare altri aspetti da sottoporre alla community non dovete fare altro che scrivere alla redazione.

 


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  1. Io torno a ripetere quello che dopo la scrittura e l’implementazione di svariati progetti MAE/AICS ho sempre pensato. Ovvero le valorizzazioni sono una emerita presa in giro. Troverei piu utile eliminarle del tutto, e fare come fa l’UE solo fondi monetari.

  2. Mi sembra che comunque la regola fosse molto chiara e non certo una novità. Le valorizzazioni sono comunque, specie per gli attori più piccoli, un aiuto per non appesantire troppo la parte monetaria.

    Sicuramente alcuni progetti non sono stati valutati, ma ben 56 sono stati approvati, in tutte le aree geografiche del mondo e sono riusciti ad presentare con precisione quanto richiesto, seguendo del resto la regola che è molto chiara. Mi pare che sostenere che “non esistono apparati, albi e professionalità atte a produrre quanto richiesto dall’AICS” sia una concezione vecchia del mondo.

    Sicuramente vi sono molti fattori da migliorare, ma il bando e l’agenzia vanno nella direzione giusta per rinnovare un sistema che,non possiamo nasconderlo, ha bisogno di rinnovamento e una aumentata competenza e professionalità.

    Molto spesso, credo, vi è nel settore una allergia alle regole e alla collaborazione con le entità locali che passa anche nel certificare quanto dichiariamo come cofinanziamento.

    1. Caro Giovanni, io non credo che nessuno stia chiedendo che non ci siano regole. A me la proposta che viene fuori da questo post di Info Cooperazione sembra molto concreta e ragionevole. Si chiede di spostare un certo tipo di valutazioni tecniche ad un’altra fase del procedimento, non si chiede di non dover giustificare le valorizzazioni. Mi trovo d’accordo anche perchè nella mia esperienza in alcuni paesi è effettivamente difficile, a volte impossibile, avere dichiarazioni affidabili e/o realistiche secondo i nostri standard. Non è concezione vecchia del mondo, in molti casi è la cruda realtà.

  3. Sulle valorizzazioni e sulla ‘burocrazia’ Porto ad esempio quanto accaduto anni fa in un progetto in un area indigena di cui ero coordinatore locale.
    Ad un certo punto ci rendiamo conto che le adesioni a un percorso di formazione per giovani aveva pochissime adesioni. Per capire faccio visita a tutti i capi villaggio per farmi spiegare quale fosse il problema, dato che il progetto era stato scritto in modo partecipato.
    in sostanza non volevano che i ragazzi e ragazze andassero a fare la formazione nel paese vicino, perchè i ragazzi si sarebbero ubriacati e le ragazze sarebbero state a rischio. Il luogo era stata una scelta obbligata
    specificamente per ragioni di fatture e ricevute, sarebbe stata affittato un locale e fornito il vitto.

    Ho faticato 18 camice per convincere l’amministratore che:
    Realizzando le attività nelle comunità avremmo avuto partecipazione dei genitori e di tutti i ragazzi e ragazze, inoltre la comunità avrebbe apportato con i beni reperibili in loco (vegetali e legna) noi avremmo dovuto comprare alcuni animali da carne e pagare la benzina per il generatore.
    La certificazione delle spese sarebbe stata fatta con ricevute personali, foglio presenze, videoregistrazione degli eventi evento, foto georeferenziate e relazione dettagliata.
    In questo modo avremmo potuto fare esattamente IL TRIPLO dei laboratori!
    Sono riuscito a convincere gli amministratori quando ho inviato un pacco di fatture comprate al mercato tutte con giustificativi ‘legali’ per tutte le attività del progetto, anche in date future!
    Capisco i problemi delle amministrazioni, ma se vogliamo avere reale impatto occorre studiare altri mezzi di verifica.
    e sottolineo che le verifiche DEVONO esser fatte.

  4. A costo di diventare monotone le ONG dovrebbero chiedere la cancellazione del contributo valorizzato e la sua sostituzione, come fa la UE (e come fanno quasi tutti i grandi doinatori internazionali) in contributo monetario. Ma si sa che a molte ONG fa comodo apportare un contributo valorizzato. Perché non si è criticato il fatto che il bando della AICS non proponesse nulla di innovatovo rispetto ai precendenti bandi DGCS? Contributi monetari ridicoli e contribute valorizzati, come al solito, perché? Perché ciò è comodo alle ONG. Apriamo una vera discussione tra le ONG sul perché solo in Italia si va avanti con questa forma ridicola del contributo valorizzato tra le ONG invece di prendercela con AICS.

  5. É una discussione che, non me ne vogliate, mi suona strana assai.
    È come se le ONG volessero ansiosamente e punitivamente chiedere l’un l’altre sempre piú soldi, i suddetti “apporti”, cash e sonanti, naturalmente (grazioso invento dei cari donors di qualche anno fa, mica imperativo immanente …)
    Oh si certo, le regole …l’impegno in soldoni … saranno anche utili ma … cosa diavolo c’entrano con un progetto ben fatto, sensato, utile, partecipato, riuscito, impattante? Assolutamente nulla
    E allora forse quest’ansia ha a che vedere con un certo sgomitío spinto da chi riesce a raccogliere piú soldi? Va bene, ma allora facessero i donors di se stessi, che problema c’è, perché cercare di eliminare gli altri utilizzando questo – e senza affrontare come e da chi si ottiene il famosissimo cash …
    Ed il povero valorizzato .. considerato alla stregua di un mezzuccio di ultima invenzione utilizzato per non mettere il santo cash .. eh no, questo è antistorico e soprattutto antietico … è venuto prima l’uovo, ai tempi in cui la cooperazione aveva ancora un valore da valorizzare, appunto. Competenze, beni anche piccoli accumulati da mettere a disposizione, manodopera volontaria al di qua e al di lá delle sponde, spesso entusiasta, sempre che nasceva dalla vita reale e dalle reali possibilitá, sicuramente MAI corrispondenti al rendiconto, perché la vita, e la cooperazione, reale cosí sono.
    E invece ora, quest’ansia di monetarizzare tutto ..

    Ho letto interessanti proposte all’inizio di questo scambio, utili per ri-provare a far tornare o ad essere finalmente le valutazioni corrette, sul senso e sui risultati, piuttosto che sulle carte e le burocrazie. Con tutti e piú controlli, certo, ma per non confondersi con chi (magari mettendo tanto cash) fa solo tanto fumo, niente partecipazione, e soprattutto niente risultati o peggio ancora danni. Ma sono difficili le gestioni congiunte con l’AICS se anche tra noi non abbiamo in comune l’orizzonte del senso. Con affetto.

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