Le Nazioni Unite stanno affrontando una delle crisi più gravi degli ultimi decenni a causa della drastica riduzione dei finanziamenti, soprattutto da parte degli Stati Uniti durante l’amministrazione Trump, ma anche di altri importanti donatori. I finanziamenti da parte degli Stati Uniti, che rappresentavano il 46% dei fondi del PAM, sono stati ridotti drasticamente, con un impatto devastante anche su altre agenzie. In particolare, il ritiro dell’USAID dal suo ruolo di principale donatore mondiale ha causato la perdita di circa 60 miliardi di dollari destinati a programmi sanitari e umanitari. Altri donatori storici del sistema delle Nazioni Unite hanno annunciato riduzioni simili: il Regno Unito (-40%), la Francia (-37%), i Paesi Bassi (-30%) e il Belgio (-25%). L’OMS da sola ha visto ridurre i fondi del 44% rispetto agli 1,6 miliardi di dollari del 2022 destinati alla nutrizione.
La riduzione degli aiuti pubblici allo sviluppo impone una profonda ristrutturazione delle agenzie umanitarie e una drastica razionalizzazione delle risorse, con conseguenze drammatiche su programmi e personale. Secondo un documento elaborato da un gruppo di lavoro del Segretario Generale dell’ONU, Antonio Guterres, il taglio dei fondi non è destinato a rientrare a breve e potrebbero seguire ulteriori riduzioni. Per questo motivo, le Nazioni Unite stanno preparando una “revisione umanitaria” che comporta il ridimensionamento delle agenzie, la fusione di strutture e il trasferimento del personale da sedi costose come Ginevra e New York a città più economiche.
Una ristrutturazione radicale
L’idea alla base della riforma è indirizzare le decine di agenzie ONU verso quattro aree principali: pace e sicurezza, questioni umanitarie, sviluppo sostenibile e diritti umani. Tra le proposte c’è anche l’unificazione delle principali agenzie operative, come il Programma Alimentare Mondiale (PAM), l’UNICEF, l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) e l’Alto Commissariato ONU per i Rifugiati (UNHCR), in un’unica struttura umanitaria.
La razionalizzazione prevede anche una riduzione del personale nelle agenzie ONU tra il 20% e il 30%, e una revisione degli incarichi per limitare le duplicazioni di funzione. “Dobbiamo lavorare con i soldi che abbiamo, non con quelli di cui avremmo bisogno”, ha dichiarato Tom Fletcher, responsabile degli aiuti di emergenza delle Nazioni Unite, sottolineando l’impatto devastante sui programmi e sul personale.
Le conseguenze sui programmi umanitari
Le riduzioni avranno gravi ripercussioni soprattutto sul Programma Alimentare Mondiale (PAM), che ha già segnalato il rischio di fame estrema per 58 milioni di persone se i fondi non verranno recuperati rapidamente. Particolarmente colpiti saranno il Sudan, dove mezzo milione di sfollati rischia di perdere l’accesso all’acqua potabile, e il Sud Sudan, dove il 75% dei centri per donne e ragazze ha già chiuso, lasciando migliaia di vittime di violenza senza supporto.
Anche l’UNHCR subirà pesanti ridimensionamenti, con tagli del 30% delle posizioni, la chiusura di uffici e la riduzione di programmi di assistenza per i rifugiati. L’ufficio di Beirut, ad esempio, ha già interrotto l’assistenza in denaro per 347.000 rifugiati siriani, e i fondi per i restanti 200.000 dureranno solo fino a giugno.
L’UNICEF prevede una riduzione del 20% dei fondi per il 2025 rispetto al 2024, mettendo a rischio programmi fondamentali per i bambini in oltre 190 Paesi. Allo stesso modo, l’OIM ha subito un taglio del 30% dei finanziamenti, che ha già portato alla sospensione di progetti per 6.000 persone e alla riduzione del 20% del personale.
Le proteste del personale
In risposta alla crisi, centinaia di dipendenti delle Nazioni Unite hanno manifestato la scorsa settimana a Ginevra presso la Place des Nations, esibendo cartelli con scritte come “Difendiamo l’umanità” e “Proteggiamo chi ci protegge”. La riduzione del personale e la chiusura dei programmi non riguardano solo l’OCHA e l’OMS, ma colpiscono anche agenzie come Unaids e l’UNICEF, già in difficoltà nel mantenere operativi i servizi nei contesti di crisi umanitaria come Birmania, Sudan, Gaza e Ucraina.
Per i lavoratori ONU, il taglio al personale e ai programmi equivale a mettere in pericolo milioni di persone che dipendono dall’assistenza internazionale. “Siamo qui per solidarietà con tutti i programmi che stanno per terminare e con tutti coloro che perderanno il lavoro”, ha dichiarato una dirigente dell’UNHCR.
E manifestano pure!?!? Con gli stipendi che hanno oltre ai privilegi fiscali etc. per fare poi fotocopie e scrivere fiumi di rapporti copia e incolla etc etc. Ma per favore. Era ora c he qualcuno puntasse il dito su questo inutile baraccone e gli riducesse gli “alimenti” che per più del 60 % vengono spesi in inutili risorse umane e infrastruttre costose e altrattnto inutili.