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Ma chi vuole la riforma della legge sulla cooperazione?

Pubblichiamo volentieri un interessante analisi sul braccio di ferro in corso sulla riforma della legge 49/87 di Fabio Pipinato (Unimondo.org).

La legge sulla cooperazione internazionale sembra in dirittura d’arrivo. La prossima settimana, probabilmente, passerà il vaglio della Commissione Esteri al Senato. L’accelerazione, prima del Forum dell’1-2 ottobre, indispettisce molti in quanto non è possibile approvare una legge a Roma ancor prima di conoscere il “Patto nazionale per la nuova cooperazione allo sviluppo” (il manifesto d’intenti che uscirà dal Forum di Milano per rilegittimare la centralità della politica pubblica di cooperazione e per tracciare alcune direttive volte a una ripresa quantitativa e qualitativa della Cooperazione italiana).
Attraversiamo le diverse fratture. La prima sta all’interno del governo italiano. Un vero e proprio “braccio di ferro“ tra il Ministero Affari Esteri, che per decenni ha bistrattato questa politica alla stregua di un bancomat e non le ha mai dato dignità, ed il Ministro alla Cooperazione Internazionale Andrea Riccardi. Ma perché c’è tensione se non vi sono risorse? Non è del tutto vero! L’ammontare previsto dalla legge è di 3 miliardi di euro, forse qualcosa in più anche se molto meno dello 0,7% del PIL promesso in ogni dichiarazione pubblica. Ove vanno questi denari? 1 miliardo va direttamente all’Unione Europea per la cooperazione delegata all’Ue. In sostanza si dona e ci si dimentica di averlo fatto. Un altro miliardo, grosso modo, va a livello internazionale alle diverse agenzie e programmi Onu.

Ed il terzo miliardo? La riforma vorrebbe dare un po’ di logica alla spesa del miliardo residuo non vincolato da leggi di settore. Mi spiego. Con quelle risorse non si può andare a sostenere i contadini in fuga in quanto i loro campi sono stati allagati dall’acqua raccolta da una diga, che è stata a sua volta finanziata con denari del Ministero dello Sviluppo Economico, nell’ambito di un programma di “relazioni internazionali” tra paesi. Per far questo si vorrebbe includere in un fondo unico tutte le risorse sparse nei diversi ministeri. Logico, no? No!

E qui spunta il primo nemico della legge: Umberto Grilli. Il Ministero dell’economia e delle Finanze, infatti, gestisce gran parte di questo portafoglio e non ha intenzione di cederlo, in nome della coerenza delle politiche e delle relazioni internazionali, ad un suo compagno di governo (che si chiami Terzi o Riccardi). E fa resistenza.

Il secondo nemico “pro tempore” della legge si chiama Andrea Riccardi stesso. Il fondatore della Comunità di Sant’Egidio non è d’accordo che la “cooperazione internazionale” rientri nell’ambito del Ministero Affari Esteri. Vorrebbe avesse una sua specificità incardinata, come lo è oggi, a Palazzo Chigi. Questa sua fermezza porta a bloccare l’approvazione almeno sin tanto che il Forum da lui stesso indetto non si sia espresso. Sarà anche un Ministro senza portafoglio ma Riccardi ha “potere di veto” a Palazzo Chigi. E sappiamo benissimo che solo se il governo spinge le Commissioni, anche le Camere potrebbero approvare la normativa, altrimenti si rischiano le calende greche.

Il terzo è Terzi. Il ministro Affari Esteri Giulio Terzi non ha motivo di ostacolare la legge, a differenza, per ragioni diverse, dei colleghi Riccardi e Grilli. Comprende che il Suo Ministero ha per lungo tempo bistrattato la cooperazione e sembra aver accettato la presenza dell’Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo. Una sorta di “servizio sociale” a tutela del bambino (coop. Internazionale) maltrattato per lungo tempo dal genitore (Ministero Affari Esteri). Attenzione, però. “Non ostacolare” non significa “auspicare che venga approvata”, per cui non aspettiamoci alcun push dalla Farnesina.

Se in ambito governativo c’è guerra, cosa troviamo in ambito “non governativo”?
Apriti cielo. Il CIPSI, un cartello di 40 ONG, dice no ad una riforma apparente della cooperazione. Per Guido Barbera “l’attuale presenza di un Ministro per l’integrazione sociale e la cooperazione è un punto di non ritorno per la nostra amministrazione pubblica”. Ancor più duro il COCIS. Parla di “occasione perduta“: la legge riconduce la Cooperazione nell’alveo degli interessi nazionali tradizionali curati dal Ministero degli Esteri, nega la complementarietà e sussidiarietà dei soggetti non statali a cominciare dalle Regioni, dagli Enti Locali e dall’insieme della società civile, non si attrezza per operare sui temi indicati nello stesso art.1 della legge “costruzione di relazioni paritarie, fondate sui principi di interdipendenza, partenariato, mutualità e sussidiarietà”.

Più possibilisti sono invece l’Associazione ong italiane (Aoi), il Cini e Link 2007 che hanno presentato al Comitato ristretto della Commissione esteri del Senato una nota al disegno di legge 1744 sulla cooperazione ed indicono un incontro il 20 settembre in Piazza Montecitorio.

Gianfranco Cattai, presidente della Focsiv ed AOI, auspica un compromesso inedito che potrebbe sanare le diverse fratture; governative e non. Auspica che “il testo che uscirà dal Senato possa poi essere migliorato dalle indicazioni emerse dal Forum e che la Camera dovrebbe recepire”.

D’altronde, come monitora openparlamento, con 39 disegni di legge, 39 mozioni, 11 interpellanze, 15 interrogazioni orali, 48 scritte, 19 in commissione, 4 risoluzioni di assemblea, 16 risoluzioni in commissione, 6 conclusive, 73 odg in assemblea, 16 odg in commissione, e 13 audizioni ci sembra si possa, finalmente, chiudere. Che ne dite?

 


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  1. Per capire l'elemento innovativo della legge conviene confrontarla con quella in vigore e domandarsi dove sta la novità che la rende più corrispondente ai cambiamenti epocali avvenuti negli ultimi 25 anni?
    Giancarlo Malavolti
    Cocis

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