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Il governo scarica la cooperazione: risorse al palo nella finanziaria

Cinque anni fa il parlamento ha approvato la legge 125/2014 con l’obiettivo di rilanciare la Cooperazione italiana allo sviluppo a tal punto da rinominare il Ministero degli Esteri in Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale e da prevedere una figura istituzionale dedicata, il vice ministro con delega alla Cooperazione Internazionale. Una centralità della cooperazione internazionale nella politica estera dell’Italia che purtroppo è rimasta solo nel titolo del ministero e nelle dichiarazioni di svariati esponenti politici. La realtà è ben diversa ed emerge drammaticamente dai fatti e dai numeri.

Partiamo dai numeri: dopo gli incrementi registrati nel 2015 e 2016 la tendenza ha iniziato a invertirsi, tra il 2017 e il 2018 si è passati da 5,19 miliardi a 4,15 miliardi di euro di investimenti e Legge di Bilancio 2020-2022 attualmente in discussione alle camere non contiene nessun segnale di ripresa.

La prima ha denunciare il disimpegno del governo nella manovra finanziaria è l’AOI – l’Associazione delle organizzazioni italiane di cooperazione e solidarietà internazionale. Ieri la sua portavoce Silvia Stilli ha dovuto constatare la scomparsa di tutti gli emendamenti alla manovra finanziaria che erano stati ammessi alla discussione e che miravano a rafforzare l’investimento in cooperazione. In poche ore tutto è sparito dal maxi emendamento governativo nonostante le rassicurazioni da parte di esponenti della maggioranza.

In particolare le ONG chiedevano di rivedere la legge 145 del 30 dicembre 2018 per indirizzare al MAECI i risparmi per minor spese di accoglienza in modo che possano essere gestiti dall’Agenzia per la Cooperazione, si tratta di oltre 500 milioni per il solo anno 2020. Il secondo emendamento ammesso alla discussione in aula chiedeva di aumentare il fondo Africa da 30 a 50 milioni di euro.

Con il voto di fiducia al Senato le reti di rappresentanza delle ONG devono quindi prende di un palese disimpegno politico da parte del governo. L’obiettivo sottoscritto a livello internazionale di investire, entro il 2030, lo 0,70% del PIL si allontana progressivamente. L’Italia aveva raggiunto faticosamente quota 0,30% nel 2017, una percentuale che è destinata a precipitare vicino allo 0,20%.

Un disinteresse che non si manifesta solo nei numeri ma anche nei fatti e nei comportamenti degli interlocutori istituzionali.

  • Il governo non ha ancora sciolto il nodo delle deleghe al MAECI, tanto che dopo tre mesi dalle nomine di vice ministri e sottosegretari non sono stati in grado di assegnare la delega alla Cooperazione a causa degli sgomitamenti e degli sgambetti interni alla compagine governativa.
  • L’Agenzia Italiana per la Cooperazione attende il completamento degli organici per la piena operatività, una situazione di stallo che rischia di diventare un alibi in grado di giustificare lentezze, inefficienze e scarsa dinamicità.
  • Il Consiglio Nazionale della Cooperazione alla sviluppo, entità istituita dalla legge 125, non si riunisce da due anni.
  • I documenti strategici e programmatici sono fermi da mesi sui tavoli in attesa di essere letti, approvati e assunti politicamente.

Non mancano quindi gli elementi per giustificare la preoccupazione della portavoce dell’AOI che propone a tutti gli enti del terzo settore di farsi sentire: “Mi rivolgo al mondo delle organizzazioni del Terzo settore. Non solo le ONG. Non è più il tempo di collaborare sperare che ne venga qualcosa di buono. Serve nel 2020 una mobilitazione di settore unitaria che metta sotto i riflettori gli errori, le dimenticanze e le inadempienze della politica. Perché quella delle risorse è solo uno dei problemi che abbiamo”, ha dichiarato ieri al magazine Vita.it.


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