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Nuove priorità e taglio dei finanziamenti, il futuro incerto degli operatori della cooperazione

Gli operatori del mondo della cooperazione internazionale temono sempre più che la pandemia di COVID-19 possa avere effetti irreversibili sulla propria organizzazione e il suo lavoro, soprattutto in Africa. E’ questo il dato più rilevante contenuto in un sondaggio effettuato da Devex su 580 operatori della cooperazione operativi in 162 paesi del mondo. Complessivamente, il 60% degli intervistati è preoccupato che la pandemia potrebbe significare la fine dell’organizzazione per cui lavorano, rispetto al 55% di un mese fa. Diversa la situazione nella varie regioni: il 39% degli intervistati in Africa e il 33% in Medio Oriente si sono mostrati “molto preoccupati” per il futuro del loro datore di lavoro, mentre solo il 6% degli intervistati in Europa e nord America ha condiviso questo sentimento così pessimista. Degli intervistati operativi in Africa, la maggioranza – 31% – lavora per una ONG, il 18% è consulente e il 13% lavora per un ente donatore.

L’indagine ha inoltre rivelato che in tutte le regioni sono stati rilevati tagli ai finanziamenti per lo sviluppo. La metà degli intervistati con sede in Medio Oriente e il 49% di quelli in Africa afferma che l’organizzazione per cui lavorano ha perso fondi a causa della pandemia, mentre in Europa e Nord America, un numero leggermente inferiore di professionisti afferma che ciò è accaduto – 40 % e 35% rispettivamente.

Diversi intervistati hanno messo in evidenza come la pandemia stia penalizzando fortemente la maggior parte delle organizzazioni che dipendono interamente dai donatori poiché i fondi sono stati reindirizzati alla risposta all’emergenza, questo ha comportato la sospensione e/o la modifica di numerosissimi progetti in corso. Queste è ancora più evidente per quanto riguarda le ONG locali che dipendono al 100% dalle decisioni dei loro donatori di diversi livelli ma sono le uniche in rado di raggiungere le comunità più remote e vulnerabili.

Da Concord Europe, confederazione delle ONG europee, arriva la conferma di questa tendenza, c’è una diffusa preoccupazione sulla stabilità degli aiuti allo sviluppo e quindi anche sul livello dei finanziamenti che effettivamente arrivano alle organizzazioni operative sul field. Non a caso Concord ha bollato come “altamente insufficienti” i 100 milioni di dollari stanziati per le organizzazioni della società civile all’interno del “UN global appeal” su oltre 2 miliardi messi in campo dai donatori internazionali.

Molti operatori temono che la prevedibile crisi economica si traduca in tagli occupazionali. Più della metà dei rispondenti (54%) operativi in Africa ha avuto a che fare direttamente o indirettamente con riduzioni dell’organico e taglio dei posti di lavoro. Ne sanno qualcosa a Oxfam, la prestigiosa confederazione internazionale che alcuni giorni fa ha annunciato una riorganizzazione delle sue attività internazionali già pianificata dal 2018 ma accelerata dalla crisi. Si parla di una riduzione dello staff a livello internazionale di oltre mille unità e dalla chiusura delle operatività dirette in 18 paesi. Queste misure sono il risultato della diminuzione delle risorse a disposizione dell’ONG (tra i 30 e i 40 milioni di euro a livello internazionale), a causa della pandemia di coronavirus che ha portato a una riduzione delle donazioni, alla chiusura dei suoi charity shop e alla difficoltà di raccogliere fondi attraverso eventi. Oxfam rimarrà comunque attiva in 48 paesi e la ristrutturazione dovrebbe permettergli di orientarsi verso i contesti in cui il suo impatto può essere maggiore e decisivo.

Nel survey di Devex emerge anche la preoccupazione di molti professionisti del mondo della cooperazione rispetto al ripiegamento dei paesi donatori verso le loro priorità nazionali. Se già prima della pandemia i trend dell’aiuto allo sviluppo non erano positivi, oggi i donatori ragionano su nuove priorità dedicate all’emergenza ma in molti casi non stanziano risorse ulteriori, anzi le riducono a favore di interventi sul loro territorio nazionale. In prospettiva la situazione potrebbe anche peggiorare quando si manifesterà la recessione globale che oggi gli economisti stimano per i prossimi tre anni. Questo potrebbe giustificare l’atteggiamento protezionistico di molti tra i principali donatori del panorama internazionale, in testa gli Stati Uniti che hanno già affermato di volersi focalizzare sulle questioni interne e ridurre di conseguenza il finanziamento della cooperazione allo sviluppo.


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