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Riforma della cooperazione, ecco la proposta a cinque stelle

Poco più di un anno fa, dopo il clamoroso risultato elettorale del Movimento 5 stelle, ci eravamo chiesti se esistesse un’idea di cooperazione internazionale nel movimento di Grillo. Ci hanno messo un bel po’ di tempo, ma col passare dei mesi e la necessità di dire qualcosa sul disegno di legge governativo sulla riforma della legge 49, ecco spuntare finalmente la proposta a 5 stelle depositata poche settimane fa a firma della cittadina deputata Maria Edera Spadoni che siede in Commissione Esteri alla Camera.

 

L’obiettivo dichiarato è di modernizzare e adeguare la vecchia legge al mutato scenario e alle sfide globali che il nostro Paese è chiamato responsabilmente ad affrontare…e fin qui siamo tutti d’accordo.
Per l’M5S la cooperazione allo sviluppo deve essere parte centrale delle politiche pubbliche del nostro Paese e per questo nella proposta di legge A.C. 2201 non si parla più di Aiuto Pubblico allo Sviluppo (APS), ma di Cooperazione pubblica allo sviluppo (CPS), ponendo così fine all’approccio assistenzialista. I grillini vogliono modificare il concetto di cooperazione anche stabilendo che gli interventi e i programmi dovranno corrispondere a una richiesta da parte del Paese partner, fatto salvo per i Paesi dove le gravi violazioni dei diritti umani rendono necessari interventi diretti.

 

Gli attori privati di cooperazione internazionale che potranno ricevere risorse includono le organizzazioni non governative, onlus, incluse quelle non italiane che siano registrate come ONG nazionali nel paese partner, associazioni di I e II grado che saranno valutate secondo specifici criteri al pari di quanto effettuato dalla cooperazione europea e da altri attori della società civile. Sono compresi tra gli attori di cooperazione anche realtà e soggetti profit come cooperative o imprese sociali e associazioni che abbiano ottenuto una certificazione d’idoneità dall’agenzia per i risultati positivi che hanno conseguito nel contribuire a realizzare gli obiettivi di cooperazione internazionale.

 

Come nella proposta governativa, la denominazione del MAE diventerebbe Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale con la nomina di vice ministro con piena delega che concorre a stabilirne gli indirizzi attraverso il documento strategico dettagliato triennale.
Come ampiamente previsto il grosso della battaglia grillina sulla nuova cooperazione si gioca sulla trasparenza e il controllo della spesa. La proposta punta il dito sulla DGCS di cui si lamenta la mancata trasparenza ed efficienza. A differenza della proposta governativa la Direzione generale per la cooperazione allo sviluppo verrebbe soppressa insieme all’Istituto Agronomico per l’Oltremare.

 

Accordo invece sul varo dell’Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo sottoposta all’indirizzo e alla vigilanza della Presidenza del Consiglio e non del Ministero Affari Esteri, per una sua maggiore autonomia. La proposta cerca di rendere il sistema più snello, autonomo, trasparente ed efficiente: il direttore dell’Agenzia sarebbe selezionato previa procedura di evidenza pubblica e il suo Comitato direttivo, composto da 5 membri sempre identificati e nominati tramite procedura pubblica e per quattro anni.
Seguendo gli stessi criteri, verrebbe istituito presso l’Agenzia il Dipartimento per la cooperazione internazionale che dovrà anche occuparsi di rendicontazione e monitoraggio dell’utilizzo dei fondi e della trasmissione dei dati ufficiali alle organizzazioni internazionali ed europee richiedenti. Il DCI avrebbe al suo interno anche un’Unità di valutazione che garantisca indipendenza nella valutazione dell’efficacia degli interventi, coerenza strategica delle azioni di cooperazione allo sviluppo e coerenza delle politiche internazionali dell’Italia rispetto agli obiettivi di cooperazione.

 

Non mancano gli altri due must del movimento, l’open data e la trasparenza nella selezione del personale. Sul primo punto è richiesta la pubblicazione online, in un sito creato ad hoc, dei dati contabili tecnici e amministrativi afferenti le attività di cooperazione e sviluppo, oltre che di ogni attività relativa alla comunicazione e alla trasparenza dell’utilizzo delle risorse. Stessa casa varrebbe per le iniziative legate al capitale di banche e fondi di sviluppo multilaterali.
Il personale dell’Unità di valutazione resterebbe in carica per un quadriennio, coadiuvato da un’unità antifrode e da personale della Procura della Corte dei Conti. Anche la scelta del personale da impiegarsi per attività di cooperazione sarebbe affidata all’Agenzia che stabilirà un lista di persone idonee proveniente sia dal settore pubblico sia da quello privato, con cadenza biennale, tramite procedura pubblica e previa pubblicazione online dei curricula.

 

Infine è prevista la creazione del Fondo per la cooperazione internazionale, richiesto più volte dalle ONG, un fondo unico allo scopo di garantire la massima efficacia ed efficienza degli interventi italiani nel settore, dove confluiranno tutti i fondi destinati alla cooperazione.

La proposta, già depositata alla Camera, è comunque al vaglio degli iscritti al movimento nel sistema operativo del M5S LEX. Voi cosa ne pensate?

 

Leggi la proposta di legge

 


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  1. Mi sembra interessante. Attenderemo la nuova legge che sostituisca la 49.
    Certo l’apertura a tutte le Onlus deve rispondere a critieri chiari.
    Esistono troppe Onlus in Italia, a volte nn proprio rappresentative e per nulla strutturate a rendicontare fondi pubblici a differenza della Ong Idonee che almeno hanno valenza tecnica ed amministrativa consolidata, seppur troppo numerose anche queste a detta del MAE.

  2. Mi preme rendere chiaro a tutti che con la nuova legge, in qualsiasi forma giunga a conclusione il concetto di “idoneità” come recinto riservato decadrà e nessuna iscrizione ad albi o categorie sarà necessaria nè sufficiente per ottenere fondi pubblici, che invece saranno assegnati sempre con il criterio europeo della “eleggibilità”… relativa al bando specifico e non quale valore permanente.
    Perciò nessun timore dall’allargamento del concetto di “soggetto” di cooperazione alle associazioni di solidarietà internazionale.
    Giancarlo Malavolti

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