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Accordi commerciali USA-UE e obiettivi post 2015, a rischio la coerenza delle politiche?

Nel giugno 2013, il presidente degli Stati Uniti Obama e il Presidente della Commissione europea Barroso hanno lanciato ufficialmente i negoziati per un Partenariato Trans-Atlantico su commercio e investimenti (TTIP). Un aspetto cruciale di questi negoziati è la loro segretezza: i testi sui quali si discute e ci si confronta non sono accessibili che ai team tecnici che se ne occupano e, per parte politica, il Governo Usa e la Commissione Ue. Nemmeno i Parlamenti e i Governi degli Stati membri sono obbligatoriamente coinvolti e a conoscenza dell’andamento delle trattative. In teoria, per parte europea, dopo la riforma del Trattato di Lisbona il Parlamento europeo avrà diritto a un solo voto finale, prendere o lasciare, ma non di emendamento.

 

Negli ultimi mesi il previsto accordo commerciale USA-UE inizia a scontrarsi con forti critiche da entrambi i lati dell’Atlantico, alcuni stati membri della UE hanno preso una posizione forte contro la segretezza dei negoziati. L’ultima voce critica ad aggiungersi al coro è quella degli esperti di sviluppo globale e i militanti del settore non governativo che entrano nel merito dei contenuti. La preoccupazione è che i TTIP possano di fatto minare l’agenda di sviluppo post-2015 delle Nazioni Unite che in questi giorni sta arrivando alla concretizzazione delle prime bozze degli obiettivi globali che sostituiranno gli obiettivi del millennio.
Resta infatti poco più di un anno ai membri delle Nazioni Unite per accordarsi sul quadro di sviluppo post-2015. Settembre 2015 segna infatti la scadenza prevista del Millennium Development Goals (MDG). Da allora, tutti i 193 membri delle Nazioni Unite dovranno aderire a una nuova serie di obiettivi.

 

A giudicare dalle prime bozze circolate dei nuovi SDGs, molti ostacoli si frappongono nel percorso verso l’approvazione. Lo conferma una prima reazione tedesca da parte di Stefan Rebmann, deputato del Bundestag e vice presidente del comitato per la cooperazione e lo sviluppo economico: “Non dobbiamo commettere l’errore di discutere gli SDGs da un lato e contemporaneamente concludere un accordo commerciale tra USA e UE che contraddice tutto questo”. “Pensate che delle otto convenzioni fondamentali del lavoro stabilite dall’Organizzazione Internazionale del Lavoro (OIL), gli Stati Uniti ne riconoscono solo due. Se l’Europa accettasse determinati standard USA con la firma degli accordi TTIP, come potranno, ha proseguito, i paesi del nord insistere sul rispetto delle norme sui diritti del lavoro nei negoziati degli SDGs quando gli Stati Uniti sono i primi a non rispettarli?

 

Dubbi simili arrivano anche dal rappresentante dell’Unione Africana a Bruxelles che sottolinea la preoccupazione di un depotenziamento degli SDGs a fronte dei due più grandi blocchi economici mondiali (USA e UE) che facendo una scelta tale influenzerebbero di fatto il resto del mondo.
Alle voci istituzionali si aggiungono anche quelle delle ONG: “Se i TTIP saranno implementati, questi stabiliranno di fatto gli standard globali nel commercio e degli investimenti per i prossimi decenni, a quel punto i paesi in via di sviluppo non saranno mai in grado di negoziare condizioni migliori a livello sia bilaterale e trilaterale”, così ha commentato un portavoce delle ONG tedesche. “Non possiamo vedere gli SDGs come qualcosa di staccato dagli accordi economici e commerciali in fase di negoziazione tra Stati Uniti e Europa”.

 

Tutto questo si basa però su informazioni parziali e non ufficiali. Lo stesso ministro tedesco dell’economia Sigmar, che dice di non essere informato in alcun modo sui documenti in discussione per i TTIP, è convinto che molto di più si potrebbe dire se fossero resi noti i contenuti dei negoziati mettendo fine a questo pericoloso deficit democratico in sede europea.

 


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  1. Tra le altre cose con il TTIP POTRANNO ESSERE LE CORPORATIONS STESSE A FARE CAUSA A INTERE NAZIONI se ritengono che i Parlamenti di quelle nazioni hanno legiferato nell’Interesse Pubblico e non nel loro interesse. Ci si rende conto di cosa significa questo?

    Significa che abbiamo centinaia di multinazionali che possono aggredire con cause costosissime il nostro Paese (gli studi legali per questo tipo di affari prendono parcelle da 3.000 euro al giorno per ciascun avvocato e sono in media una quindicina, per tempi biblici, e moltiplicateli per una pioggia di cause infinita) senza limiti di sorta, imponendoci spese di Stato rovinose, e di fronte alle quali un governo finisce quasi sempre per cedere e cambiare la legislazione d’Interesse Pubblico. Questo significa. E il ricatto è micidiale anche perché, si badi bene, con il dogma economico Neoclassico (vedi Eurozona) non è più lo Stato che può intervenire con la sua spesa a dar lavoro, reddito e protezione a cittadini e aziende. Oggi quel ‘pane’ a tutti ce lo danno i MERCATI, cioè quelle Corporations di beni e finanza, per cui esse ci infilano anche la minaccia che se perdono le cause ritireranno gli investimenti (il pane) dalle nostre tavole nazionali e noi siamo fottuti. Già a questo stadio un governo finisce per cedere. Ma c’è di peggio.

    B) Il TTIP prevede che le Corporations possano indire queste cause PRESSO TRIBUNALI OFF-SHORE, cioè non europei, dove difendersi è tutto un altro film, capite?

    In tutti gli aspetti del vivere governati, o anche solo lambiti, dai commerci di beni e servizi, il TTIP può divenire letale per famiglie, cittadini, piccole medie aziende, democrazia e Stato stesso.

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