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Il Direttore Cantini: Nel campo della cooperazione l’Italia può essere presa a modello

Al ministro Giampaolo Cantini, Direttore della DGCS, avevamo chiesto un’intervista alcuni mesi dopo il suo insediamento per conoscere la sua personale visione della cooperazione internazionale e farlo conoscere agli operatori della cooperazione in Italia. Non avendo ricevuto alcuna risposta vi proponiamo un’intervista che il ministro ha rilasciato di recente all’agenzia di stampa Nove Colonne.

 

Da metà gennaio il ministro Giampaolo Cantini, 56 anni, fiorentino di Borgo San Lorenzo, è direttore generale della Cooperazione Italiana allo Sviluppo. Concluso il “rodaggio”, Cantini – già Ambasciatore ad Algeri e console generale a Gerusalemme – ha accettato di rispondere alle domande di Nove Colonne.

 

Ministro Cantini, la cooperazione italiana può giovarsi dell’esperienza internazionale del nuovo responsabile della Farnesina, Emma Bonino.

“Il ministro Bonino ha una storia personale legata alle grandi tematiche dei diritti umani, della promozione della democrazia, della diplomazia umanitaria, ma è impegno di tutto il governo ridare un ruolo importante e rilanciare la cooperazione, assicurando un flusso di risorse prevedibile e, come è stato scritto nel Def 2013, riprendendo un percorso di crescita graduale che permetta all’Italia di giocare un ruolo importante nelle sedi multilaterali. Un impegno che il governo ha voluto sottolineare con la nomina di un viceministro con delega per la cooperazione, Lapo Pistelli”.

 

Lei però si trova a gestire i tagli che sono stati decisi negli anni precedenti…

“Dobbiamo dare atto al governo Monti di aver già invertito la tendenza con un aumento degli stanziamenti per l’esercizio finanziario 2013. Adesso si tratta di continuare su questo percorso. Il punto più drammatico è stato toccato nel 2012, ora ci stiamo riprendendo. Non è un problema solo di risorse finanziarie, ma anche di riassetto e di riforma della cooperazione, come la ministro Bonino ha detto più volte. Indubbiamente la legge attuale rispecchia un mondo oramai superato come quello della Guerra Fredda e dei blocchi. Sono cambiate tante tematiche e il rapporto tra pubblico e privato. Si è affermato il ruolo della cooperazione decentrata, tutti fenomeni che prima non esistevano o erano più limitati. C’è stato già un dibattito molto importante nella scorsa legislatura in Parlamento sul progetto di legge presentato da due senatori di due parti politiche diverse; ora sono stati presentati nuovi progetti di legge. Questo è il terreno su cui il nuovo governo ha intenzione di impegnarsi, d’intesa con il Parlamento, per varare una legge di riforma della cooperazione”.

 

Nel corso degli anni la cooperazione è diventata sempre di più un aspetto della politica estera nazionale. E’ un dato che possiamo dare per acquisito?

“La cooperazione è stata sempre governata dall’art. 1 della legge 49/1987 che stabilisce proprio il criterio secondo il quale la cooperazione è una componente fondamentale della politica estera e in quanto tale deve avere una collocazione anche istituzionale all’interno del ministero degli Esteri. Su questo mi pare ci sia un consenso piuttosto ampio, anche se non unanime, tra le forze politiche. La componente umanitaria ha un ruolo fondamentale, lo ha sempre avuto. In questo momento pensiamo alla Siria, pensiamo a quello che stiamo facendo per il Mali e il Sahel, pensiamo a regioni ancora molto critiche come Grandi Laghi e Somalia. Per quest’ultimo Paese in particolare si stanno facendo sforzi importanti in sede internazionale per accompagnare il percorso di stabilizzazione e pacificazione, e la cooperazione sostiene questo impegno dell’Italia. Uno dei primissimi atti della ministro Bonino dopo il suo insediamento è stato partecipare alla conferenza di Londra a maggio. Il viceministro Pistelli ha partecipato alla conferenza sul Mali a Bruxelles. Sono teatri su cui c’è un forte impegno del governo e in cui la cooperazione gioca un ruolo essenziale come componente fondamentale della politica estera”.

 

Secondo lei nel campo della cooperazione l’Italia può essere presa a modello?

“Assolutamente sì. Ci sono settori in cui siamo all’avanguardia, come ad esempio quello della tutela e promozione del patrimonio culturale: quando nella cooperazione si parla di formazione di operatori culturali, attività di restauro, creazione di microimprese nei paesi in via di sviluppo, il riferimento naturale è l’Italia. Un’altra area di intervento in cui abbiamo realizzato dei progetti importanti è quella delle tematiche di genere; qui abbiamo raggiunto risultati significativi in Paesi come l’Afghanistan o i Territori Palestinesi e probabilmente nel prossimo futuro interverremo anche in Somalia. La nostra azione è volta a garantire l’assistenza legale, psicologica e sanitaria alle donne e alle ragazze, ma cerchiamo di avere un impatto anche sul contesto sociale con campagne contro la violenza e in favore dell’empowerment femminile. Poi c’è il settore dei minori, in cui abbiamo progetti molto significativi come quello, ormai quasi in fase di chiusura, contro lo sfruttamento sessuale in Cambogia, nelle aree al confine con il Vietnam, il Laos e la Thailandia. Abbiamo poi realizzato importanti iniziative in America centrale sui problemi dei bambini di strada, della criminalità giovanile, dell’esclusione sociale. Abbiamo una tradizione consolidata nel settore socio-sanitario, quindi anche per la salute materna e infantile. E questo sia con la gestione diretta, sia sostenendo progetti d’intesa con le organizzazioni non governative. Proprio sul settore socio-sanitario si è incentrata la partecipazione della Dgcs al Forum Pa con una serie di seminari volti a illustrare le attività della direzione generale, spesso realizzate anche con altri partner, in progetti molto importanti quali la lotta alle pandemie, la salute materno-infantile o la lotta al tumore al seno, ad esempio in Nord Africa. La Cooperazione si muove anche per lo sviluppo locale, il sostegno alla piccola e media impresa, le infrastrutture, ma con le scarse risorse attuali ci siamo concentrati su settori che chiamiamo di sviluppo umano: quindi servizi sociali, protezione dei settori più deboli, aspetti formativi. In alcuni paesi c’è sempre più, soprattutto in ambito Ue, l’abitudine di ripartirsi i compiti: ogni donatore ha un certo settore e in quel settore ha un ruolo guida. La Cooperazione italiana ha sicuramente un ruolo guida sul gender e sul settore socio-sanitario”.

 


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  1. Da quale pianeta arriva questo signor ambasciatore ? la cooperazione governativa italiana da prendere come esempio ???? per chi ????
    Per favore, serve una sana dose di realistica umiltà.

  2. in crescendo il finale: se l’Italia ha un ruolo guida sul gender, facciamo che alla Cina diamo il ruolo guida sui diritti umani?

  3. Ma allora i comici non stanno solo nel M5S…

    Ma l’avrà mai letta la peer review dell’OCSE (2009 se non sbaglio).
    Non mi sembra proprio che si parli del modello Italia… anzi, dicono addirittura che i container di via Contarini esemplificano bene la precarietà della Coop Ita…

    Ma chi gli ha fatto le domande non poteva un po’ metterlo alle strette?

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