ISCRIVITI ALLA NEWSLETTER
Vuoi ricevere ogni giorno i bandi e le news?

Cosa succede ai progetti europei e alle ONG britanniche dopo la Brexit

Oltre tre anni e mezzo: una strada lunga e piena di incognite quella che ha portato dal referendum del giugno 2016 all’uscita del Regno Unito dall’UE il 31 gennaio scorso. Alla fine l’accordo si è trovato, il cosiddetto Withdrawal Agreement ha scongiurato le peggiori paure delle organizzazioni della società civile britannica e della comunità scientifica che temevano una brusca interruzione dei finanziamenti all’interno dei numerosi programmi europei. Detto questo le preoccupazioni restano rispetto al futuro degli aiuti allo sviluppo targati UK e le ONG d’oltremanica temono un ridimensionamento importante del loro spazio di azione e la perdita progressiva di influenza a livello interazionale.

L’accordo di recesso sottoscritto con la UE prevede che il Regno Unito continuerà a partecipare ai programmi finanziati nell’ambito dell’attuale quadro finanziario pluriennale 2014-2020 (il Multi Financial Framework – MFF) fino alla loro chiusura. Ciò significa che la stragrande maggioranza dei progetti continuerà a ricevere finanziamenti UE per tutta la durata del programma. In molti casi, i finanziamenti continueranno fino alla fine del periodo di transizione previsto per il 2021. Inoltre, le organizzazioni del Regno Unito possono continuare a presentare proposte progettuali per nuovi finanziamenti che rientrino all’interno del MFF in corso. In precedenza il governo inglese aveva comunque annunciato di garantire con fondi propri la continuità dei finanziamenti europei in corso in caso di no-deal e recentemente ha assicurato che garantirà una copertura a quei pochi progetti che dovessero avere interruzioni per motivi tecnici.

Anche scienziati, ricercatori e imprese del Regno Unito possono continuare a partecipare alle stesse condizioni anche al programma Horizon2020, come se il Regno Unito rimanesse uno stato membro fino al 2021, al termine del periodo di transizione. Stesse conferme anche per i programmi Erasmus + (2014-2020), Corpo europeo di solidarietà (ESC), Europa Creativa e Citizen for Europe.

Questo significa che tutte le organizzazioni italiane che avessero partner britannici nei progetti europei non dovranno attivare nessuna specifica procedura.

Ma il 2021 è vicino e le OSC britanniche sono fortemente preoccupate per l’impatto della Brexit sul medio lungo periodo in particolare per quanto riguarda i flussi di finanziamento e le relazioni con le controparti europee nel nuovo panorama politico. Sebbene vi sia consenso sul fatto che la cooperazione allo sviluppo tra l’Unione europea e il Regno Unito debba continuare in qualche modo, restano grossi punti interrogativi su come ciò possa essere attuato dagli attuali leader politici che hanno in agenda questioni di priorità più elevata come commercio, sicurezza e migrazione.

I più scettici sono sicuri che il Regno Unito perderà progressivamente la sua influenza, non solo tra i donatori europei, ma anche nelle discussioni internazionali, come i negoziati sul clima. La pensa così anche Marta Foresti, direttrice dell’Overseas Development Institute Europe, che vede il Regno Unito destinato a perdere terreno soprattutto nelle aree geografiche in cui la Commissione europea è l’attore di sviluppo più importante, tra cui il Sahel e il Nord Africa.

Nel frattempo un’altra incognita pende sul futuro del settore non governativo britannico, si tratta della trasformazione del DFID (Department for International Development) che a breve perderà il suo status di dipartimento ministeriale. A vedere un futuro nero sono in particolare le mega charity del settore umanitario che hanno una forte dipendenza dai finanziamenti ECHO. Non è ancora chiaro infatti se le OSC britanniche potranno presentare domanda per il nuovo round del finanziamento ECHO e cosa succederà nel prossimo MMF 2021-2027. La scadenza per i futuri Framework Partnership Agreements di ECHO è prevista per giugno, accordi che se dovessero saltare taglierebbero fuori le ONG inglesi per i prossimi sette anni aggravando le perdite già subite in questo ambito che sono state quantificate in quasi 200 milioni di euro.


Leggi anche






Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *