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Jobs act, le Ong chiedono una deroga per la cooperazione

Riprende con una serie di audizioni l’iter dei due decreti del Jobs act all’esame della Commissione Lavoro di Montecitorio chiamata entro domenica 10 maggio a esprimere i pareri sul decreto che si propone il riordino delle tipologie contrattuali e la revisione della disciplina delle mansioni e su quello che contiene misure per la conciliazione dei tempi vita-lavoro. “Con l’approvazione in prima lettura da parte del Cdm del decreto attuativo del Jobs act relativo alle forme contrattuali atipiche, le Ong e le altre organizzazioni che operano nella cooperazione allo sviluppo si trovano in seria difficoltà ad individuare forme contrattuali idonee a consentire assunzioni legate temporalmente alla durata dei progetti”. Lo hanno dichiarato ieri nel corso dell’audizione AOI, CINI e Link 2007 che sono le principali reti di Ong italiane.

 

“Si consideri che la Cooperazione opera prevalentemente per periodi determinati e su settori i più disparati e quindi con professionalità le più varie, solo raramente reperibili fra i dipendenti delle stesse Organizzazioni e in diversi casi con personale volontario distaccato da altre attività lavorative. L’art.47 del decreto, così come formulato, sembrerebbe restringere la possibilità di ricorrere a forme contrattuali cococo a poche (4) e ben individuate categorie, mentre l’art.21 pone dei limiti quantitativi e temporali (20% dei dipendenti) all’uso del contratto a tempo determinato. La fattispecie di problema riguarda circa 15.000 lavoratori e circa 300 organizzazioni (Ong e Onlus) di cui circa 70 di maggior rilievo e molte altre piccole o piccolissime realtà. Pertanto intendiamo proporre al Governo e al Parlamento di emendare gli articoli 21 e 47 del decreto includendo fra le prestazioni in deroga quelle prestate a favore delle attività regolamentate dalla legge sulla cooperazione internazionale” (fonde AGV)

 


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  1. anche per noi l’iniziativa delle ONG nazionali è molto importante. Ne condividiamo i presupposti e le finalità.

  2. vogliamo sperare che il Governo accolga la giusta richiesta delle ONG, da non confondere con quelle imprese che possono aver usato i cocopro per sostituire i contratti per lavoro dipendente

  3. Davvero interessante vedere come un cambiamento, che viene letto e criticato da chi difende le conquiste ottenute dai lavoratori come una riduzione di diritti (art. 18 – tutele crescenti), trovi dal lato di chi lo osteggia per il motivo opposto l’unico soggetto che ancora non ha avuto né la capacità né la professionalità sufficienti per imparare a pianificare e gestire le risorse umane nel rispetto della legge: le ONG italiane.
    Ennesima deroga alla legge, ennesima deroga ai diritti, ennesima riprova dell’insopportabile ipocrisia del settore.

  4. Eh si Benedetta, quanta ragione hai…pensa…quella grande ONG che mette al centro la persona…ho lavorato 16 anni per loro, con 16 contratti tutti uguali: uno all’anno, senza un becco di versamento per la mia pensione, senza un minimo di tutela per il mio avvenire. Si, è vergogna. Si, è ipocrisia. Si, è sfruttamento!! Neppure il gatto crederebbe che io non fossi funzionale alla struttura e al suo sviluppo e il mio lavoro fosse di un continuativo che più continuativo non poteva essere; anche per le cariche che ho ricoperto. Ma loro dormono sogni felici…predicano la centralità della persona…e si sentono la coscienza a posto.

  5. beh, che dire: dopo averci chiesto tanta flessibilitá (7 contratti in 15 mesi, ad esempio), chiedono deroghe per poterci chiedere ancora piú flessibilitá… e magari di impiegarci in un progetto per la difesa dei diritti dei lavoratori 😉
    L’anno scorso, quando uscí il contratto quadro negoziato tra i Sindacati e l’AOI, LINK, ecc. un sindacato, la CGIL, aveva ammesso che non sapeva neppure chi fossero i cooperanti… quando decideremo di organizzarci per tutelarci?

  6. Lavoro da 15 anni come cooperante all’estero e mi pare che chiedere di essere ancora piú flessibili é ridicolo. Parliamo molto di diritti nei nostri progetti ma il “nostro” diritto ad essere tutelati non interessa a molti (pare neppure alle stesse ONG).
    Si dovrebbero discutere formule alternative di contrattazione e magari nel Job Act si potrebbero trovare delle pieghe interessanti. Sapere per esempio che anche co.co.co e co.co.pro avranno diritto a un sussidio di disoccupazione mi pare giá un passo avanti…

  7. Io lavoro in Francia, nel settore ONG, e mi sembra assurdo che in Italia ancora si discuta di contratti a progetto. Ma non ci eravamo battuti per non avere la selva oscura di 40 e passa contratto a tempo, a chiamata, a progetto, ad affito ecc? In Francia ci sono solo due tipi di contratti: a tempo determinato e a tempo indeterminato. Ovviamente entrambi prevedono ferie, malattia, sussidi di disoccupazione, pensione e, per quelli a tempo determinato, anche un’indennità di “precarità” quando finisce il contratto. E le ONG si adattano ad usare questi due tipi di contratti, punto. Difendiamo i diritti umani e poi dobbiamo lavorare senza praticamente garanzie? Se si vogliono attrarre delle professionalità adatte e fare dei progetti di qualità bisogna remunerare e tutelare adeguatamente i lavoratori. Poi ben vengano sgravi fiscali o agevolazioni per le ONG più piccole che altrimenti potrebbero trovarsi in gravi difficoltà, ma le ONG più grandi e professionali devono cominciare a pensare in un’ottica un po’ più di ampio respiro e di sostenibilità, per loro e i loro lavoratori.

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