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Meglio i soldi o gli aiuti?

Meglio costruire scuole e ospedali, istallare luci solari e distribuire galline o semplicemente dare soldi cash in mano alle comunità? Questa è la domanda alla quale un gruppo di economisti americani stanno cercando di rispondere attraverso ricerche specifiche effettuate sul campo. Un risultato che potrebbe mettere in discussione molte certezze della cooperazione internazionale e del settore umanitario.

Si tratta dei trasferimenti incondizionati in contanti (UCT, unconditional cash transfers), metodologia innovativa e sperimentale avviata con un certo successo da GiveDirectly che ha recentemente presentato i risultati dei primi anni di attività attraverso una ricerca che ha coinvolto l’Università di San Diego.

 

L’utilizzo degli UCT non è certo presentata come un’alternativa tout court all’aiuto allo sviluppo ma come possibile metodologia strumentale al raggiungimento di determinati obiettivi. Dai risultati sembra per esempio che questa metodologia si sia mostrata efficace nel sostenere l’aumento della frequenza scolastica per le ragazze in luoghi dove le barriere culturali ed economiche limitano l’accesso all’educazione.

 

La preoccupazione più comune in merito agli UCT è che i destinatari possano sperperare il denaro in attività dannose come il bere, il gioco d’azzardo e la prostituzione. I risultati preliminari dello studio in Liberia sfidano però le aspettative: i destinatari liberiani del trasferimento di cash avrebbero speso i soldi in cose utili come vestiti e materiali edili e comprato merci all’ingrosso per avviare piccole attività commerciali. In generale i partecipanti allo studio sembrano aver fatto buoni sforzi per investire al meglio il contante e migliorare la loro qualità di vita. I promotori spiegano che gli UCT permettono ai poveri di spendere i soldi per quello di cui hanno effettivamente bisogno e non sui bisogni percepiti dagli esperti dell’aiuto.

 

La ricerca in Kenya ha mostrato che i tetti di metallo per le case sono uno degli acquisti più comuni dei destinatari di GiveDirectly in Kenya – un risultato inatteso dai ricercatori. Le coperture metalliche si rivelano infatti un investimento ad alto rendimento, sono in grado di migliorare la sicurezza e la salute delle famiglie e permettono agli abitanti di raccogliere l’acqua piovana. Nel Nord Uganda le sovvenzioni incondizionate in denaro sono state date alle donne e si è osservato che molte sono diventate piccole commercianti e hanno quasi raddoppiato i loro guadagni in diciotto mesi. I risultati sono stati ancora migliori in presenza di un accompagnamento di operatori in loco ma non in modo così significativo da renderne sostenibile il costo. L’accompagnamento infatti può costare fino a 500 dollari per beneficiario (tre volte più del cash distribuito), somma che, secondo GiveDirectly è meglio destinare ad altri beneficiari.

 

Finora sono stati condotti programmi di UCT su piccola scala ma la metodologia sembra destinata a una sperimentazione più ampia. Gli studi degli ultimi anni hanno reso più facile identificare in modo efficiente le famiglie più bisognose e distribuire denaro anche in luoghi remoti. In Kenya, GiveDirectly utilizza sempre di più il sistema bancario basato su telefonia mobile che sta diventando accessibile progressivamente anche nelle aree rurali.

 

In media l’UCT sembra aver garantito incrementi del 58% in beni e del 33% in reddito oltre che un generale miglioramento della sicurezza alimentare e dell’empowerment delle donne. Le spesa per alcol e tabacco non è aumentate. (fonte Devex)

 


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  1. La domanda e’ valida e le risposte interessanti: accettare l’approccio significa però incapsulare l’azione della cooperazione allo sviluppo nel piano micro. Rinunciare a parlare di politiche, strategie, di cambiamento, al sud come al nord. Accettare cioè la sua azione come puro miglioramento – quando va bene – dell’esistente.

  2. Gli UCT – trasferimenti incondizionati in contanti – sono l’espressione di un crollo della fiducia del cittadino nella cooperazione attuata attraverso le ONG e l’elefantiasi istituzionale/agenzie ecc. E’ sbagliato porre la domanda <>. E’ chiaro che il sig. Ofoshuene , beneficiario di un grant UCT, non costruisce nè scuole, nè dispensari nè fa riforestazioni, ma pensa al suo immediato bisogno. La giusta domanda da farsi è: come cambiare, rivoltandola come un calzino, la cooperazione in modo che torni a godere della fiducia del cittadino? Come CANCELLARE il sentimento di crescente sfiducia e persino forte critica rivolto agli APS, che non li hanno resi capace, per quanto riguarda l’Italia, nemmeno di raggiungere 1/7 degli impegni presi internazionalmente, mentre quelli presi sul campo militare internazionale sono stati rispettati tutti? Marco Sassi

  3. Ritengo che il trasferimento di contanti possa rappresentare una modalità da affiancare agli aiuti tradizionali. In questo modo i destinatari del denaro contante potranno contare non solo su una maggiore liquidità, ma avranno a disposizione servizi ed infrastrutture che i singoli cittadini, non possono realizzare.

  4. Concordo con Sassi sulla crescente sfiducia nei confronti delle istituzioni umanitarie, internazionali e nazionali.
    Spesso la dispersione dei fondi è evidente, nonostante le assicurazioni che le spese sono solo una parte limitata dei fondi.Si veda il libro della giornalista Furlanetto “L’industria della carità”. In Italia, in particolare, fino alle nuove procedure di bando del MAE, l’erogazione di fondi pubblici era spesso condizionata dalla politica, con rendicontazioni poco trasparenti. Analogamente per i finanziamenti privati. Non c’è dubbio che gli UTC non agiscano a livello macroeconomico, ma possono essere più efficaci delle ONG in molte circostanze.

  5. M’importa poco l’accusa di essere il solito “controcorrente” ma, vi rendete conto che l’approccio di “GiveDirectly” porta solo a voler trasformare gli impoveriti in turbo-consumatori? Riuscite ad immaginare l’impennata iper-consumistica -e relativa produzione di spazzatura- se TUTTI gli impoveriti del mondo ricevessero, qui ed ora, solo soldi contanti come forma di cooperazione? Siete sicuri che, con quei soldi, gli impoveriti compreranno libri, cibo, o vestiti? Conoscendo certe situazioni, credo che la gran parte di loro correrebbe subito ad acquistare birra, cellulari, tv o “gratta e vinci”. Insomma, cose non prioritarie per una vita dignitosa.

    La logica di “Give Directly” aspira a sostituire il concetto di “cittadinanza” con quello di “consumatore”, cioè, sei un buon cittadino se consumi tanto (il mercato globale e il famoso PIL ti applaudiranno e ringrazieranno!!!). Sarai, invece, un cittadino “scarso” e da scartare se non consumi o consumi poco poco. Non sei, insomma, interessante per nessuno.

    Personalmente, non lavoro nel mondo della cooperazione internazionale per promuovere la logica del turbo-consumo presso gli impoveriti. Farlo implicherebbe diventare complice/promotore della concezione incrementalistica dello sviluppo. Da anni combatto quella concezione. Devo proprio arrendermi adesso? NOOOOOOOOOOO!

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