ISCRIVITI ALLA NEWSLETTER
Vuoi ricevere ogni giorno i bandi e le news?

Superare divisioni e competizione, questa la sfida delle ONG nel 2016

A guardarlo nei primi giorni del 2016, il settore dello sviluppo internazionale si trova in una situazione un po’ strana. E’ da sempre costituito da una grande varietà di organizzazioni, grandi e piccole, radicali e conservatrici, ma a mia memoria non riesco a ricordare una situazione più divisa, eterogenea di quella odierna. Con poche eccezioni (per esempio, le recenti campagne in materia fiscale e sui cambiamenti climatici) la maggior parte delle organizzazioni della società civile sembrano occupate a fare le loro cose, in competizione per i fondi come mai fino ad oggi. In un settore teoricamente non-profit, la filosofia di mercato è ormai dominante. Stiamo raggiungendo il culmine di anni di evoluzione da organizzazioni vicine alle comunità a organizzazioni vicine ai donatori, con conseguenze logiche. Ma questa situazione è aggravata da altre ragioni, sia nazionali che internazionali.

 

Il pubblico e i media sembrano più scettici del solito nei confronti delle ONG e di questo settore che fino a ieri era sempre stato considerato altamente attendibile. Questa è, a mio avviso, una conseguenza della recessione economica e dell’austerity, e forse, anche una maturazione della comprensione da parte del pubblico del ruolo delle charity internazionali che per tanti anni sono state tenute su un piedistallo.

 

Altrettanto importanti, e forse ancora più profonde, sono le differenze generate dall’analisi del contesto internazionale, che si possono riassumere con una semplice domanda: le cose stanno andando meglio?

 

Da un lato, la maggior parte degli indicatori sulla povertà estrema registrano importanti progressi negli ultimi dieci anni. Queste buone notizie smorzano le critiche radicali stile anni 80 e 90, che in quel contesto politico avevano consentito alle ONG un discreto successo di advocacy. Era un momento in cui le cose andavano male. Oggi che le cose migliorano la maggior parte delle organizzazioni si limitano a richiedere aggiustamenti e miglioramenti, non è più il tempo delle grandi sfide.

 

Ma c’è anche un’altra analisi. Senza negare gli importanti progressi sulla povertà estrema, molti dati fondamentali sembrano invece volgere al peggio (disuguaglianze interne, cambiamento climatico, insicurezza) il che significa che i miglioramenti economici non sono realmente sostenibili. Ecco allora che diverse organizzazioni hanno iniziato ad attivare importanti campagne sul commercio, la produzione, i sussidi agricoli, il commercio di armi, il debito, solo per citarne alcune. Inutile dire che questi problemi sono più equivoci rispetto alle questioni più fotografabili come la povertà, la fame, gli aiuti e quindi è più difficile ottenere l’attenzione del grande pubblico.

 

Niente di nuovo quindi, ma oggi c’è più incertezza del solito. Il settore delle ONG entra nel 2016 senza una vera direzione univoca. I fattori che lo dividono sono invece molto forti, dal mercato del fundraising allo spazio sui media, dal posizionamento politico all’analisi del contesto internazionale.

Quindi che fare? La risposta è semplice, anche se la sua attuazione non sarà facile. Per superare le divisioni, e per costruire una comprensione più condivisa di che cosa sta andando bene o male nel mondo, le organizzazioni del settore, e le persone che compongono queste organizzazioni, dovrebbero raddoppiare gli sforzi per lavorare insieme, per incontrarsi e costruire un fronte comune.
Bisogna smetterla con la tendenza sfavorevole del settore di criticare le altre organizzazioni. La realtà è che molte persone che lavorano nella cooperazione passano da un’organizzazione all’altra ma tendono a essere leali, non tanto alle singole organizzazioni quanto alla loro missione, la loro visione di un mondo migliore, una visione che, in generale, è condivisa da tutte le organizzazioni del settore.

 

Invece di competere per i fondi, per lo spazio sui media o per l’attenzione di un VIP, le ONG dovrebbero guardare oltre se stesse e valutare l’importanza del settore nel suo complesso, centinaia di realtà originali che hanno bisogno di essere nutrite insieme, con ruoli diversi da svolgere; dalle posizioni più radicali a quelle moderate che cercano di parlare a un pubblico più ampio e meno militante.

 

In alternativa le ONG continueranno a vivere in una bolla lasciandosi accecare giorno dopo giorno da minime differenze d’opinione sulle strategie, non riuscendo a vedere la realtà più importante, ovvero che tutti hanno molte più cose in comune che differenze. Senza obiettivi condivisi e lavoro in comune le ONG non riusciranno a raggiungere quello che i loro numerosi sostenitori si aspettano da loro. (di Jonathan Glennie, liberamente tradotto da redazione)

 


Leggi anche






  1. La nota mi sembra opportuna e carica di buona volontà L’ottimismo della volontà serve, tuttavia i problemi restano.consiglio di sottoporre la situazione a chi, come il prof.Zamagni, può darne una lettura che sia autorevole e propositiva
    con impegno tanti auguri

  2. Trovo molto superficiale l’articolo di Jonathan Glennie, anche se alcune osservazioni vanno prese in considerazione. Qualche commento a caldo.
    1. Da un lato l’approccio. “Il settore dello sviluppo internazionale è da sempre costituito da una grande varietà di organizzazioni, grandi e piccole, radicali e conservatrici”: far coincidere il settore della cooperazione allo sviluppo con l’azione delle organizzazioni della società civile mi sembra corrispondere ad una visione esageratamente riduttiva.
    2. “Non riesco a ricordare una situazione più divisa, eterogenea di quella odierna”: non so altrove, ma in Italia, con la legge 125/2014 si è voluto che la cooperazione allo sviluppo non rimanesse materia di interesse e impegno di pochi addetti ai lavori; ma coinvolgesse tutti i soggetti pubblici e privati, profit e non profit che hanno qualcosa di valido da apportare per ampliare la cooperazione e renderla patrimonio diffuso. Anche in coerenza con i cambiamenti dettati dalla globalizzazione, che penetra ormai ogni nostra dimensione. Si tratta di gestire questo coinvolgimento e questa nuova complessità, certo, ma vanno salutati con favore.
    3. “La maggior parte delle organizzazioni della società civile sembrano occupate a fare le loro cose, in competizione per i fondi come mai fino ad oggi. In un settore teoricamente non-profit, la filosofia di mercato è ormai dominante”: questo della filosofia di mercato è un tema certamente da approfondire, anche perché rischia di mettere in discussione alcuni valori fondamentali e l’essenza stessa del nostro essere non profit. Per l’Italia metterei però l’accento sulle molte organizzazioni che a) hanno ben presente il problema e lo stanno affrontando seriamente, senza rinunciare a nessuno dei propri valori; b) sono ovviamente “prese dalla proprie cose” (le iniziative e le attività vanno realizzate e realizzate bene!) ma al tempo stesso riflettono, valutano, si confrontano tra di loro e con l’esterno proponendo analisi e proposte su temi di interesse comune che toccano la cooperazione allo sviluppo, le scelte di politica estera, in particolare nelle aree di crisi, la sicurezza degli operatori/operatrici, l’immigrazione, anche in relazione al tema dello sviluppo, le sinergie possibili tra gli attori ed in particolare tra soggetti profit e non profit e così via.
    4. “Il pubblico e i media sembrano più scettici del solito nei confronti delle ONG e di questo settore”: non mi pare proprio. Quando ci sono reali comportamenti scorretti o inefficienze nel nostro mondo è bene che siano rilevati. Ciò non toglie che l’apprezzamento per il lavoro e la generosità di tanti cooperanti e tanti volontari e per l’efficacia e le capacità innovative delle loro organizzazioni continui, a mio avviso, ad essere molto apprezzata.
    5. “Le organizzazioni del settore e le persone che compongono queste organizzazioni dovrebbero raddoppiare gli sforzi per lavorare insieme, per incontrarsi e costruire un fronte comune”: giusto ed apprezzabile invito, anche se non di facile realizzazione. Occorre però non sottovalutare che molto spesso, proprio sui problemi chiave e sulle tematiche più importanti il “lavoro insieme” “per obiettivi condivisi” c’è stato e continua ad esserci, con ottimi risultati, almeno in Italia. Occorre ampliarlo e renderlo quotidiano, certo: l’invito va quindi accolto.

  3. La frammentarietà che caratterizza il panorama delle ong italiane è indubbia, ma perchè non citare – per completezza d’informazione – anche le esperienze di rete che in questi anni sono state portate avanti? Per esempio AGIRE(Agenzia Italiana per la Risposta alle Emergenze)…

  4. Concordo totalmente con Nino Sergi in particolare nel passaggio “Per l’Italia metterei però l’accento sulle molte organizzazioni che a) hanno ben presente il problema e lo stanno affrontando seriamente, senza rinunciare a nessuno dei propri valori; b) sono ovviamente “prese dalla proprie cose” (le iniziative e le attività vanno realizzate e realizzate bene!) ma al tempo stesso riflettono, valutano, si confrontano tra di loro e con l’esterno proponendo analisi e proposte su temi di interesse comune che toccano la cooperazione allo sviluppo, le scelte di politica estera, in particolare nelle aree di crisi, la sicurezza degli operatori/operatrici, l’immigrazione, anche in relazione al tema dello sviluppo, le sinergie possibili tra gli attori ed in particolare tra soggetti profit e non profit e così via.”

  5. Condivido la soluzione proposta; per avere un futuro più equo per tutti dobbiamo dare l’esempio imparando a lavorare insieme, fare rete e condividere le azioni di progetto mettendo a disposizione degli altri le proprie competenze e professionalità. Solo così si riuscirà ad avere una società umanamente migliore.

  6. Condivido molto di quello che dice Nino Sergi.
    Tuttavia secondo me rimane il fatto che le ONG Italiane sono poco competitive rispetto alle altre ONG Internazionali. Questo per motivi storici legati alla nostra Cooperazione che non solo ha sempre di piu’ diminuito i fondi ma ha anche preferito fare progetti a implementazione diretta anziché valorizzare la società civile. Ci si aspetta molto dalla Agenzia della Cooperazione Italiana guidata dal nuovo Direttore Laura Frigenti e sono sicura che saprà far bene forte dell’esperienza americana.
    Rispetto alle ONG americane tuttavia le ONG Italiane hanno mantenuto piu’ saldi i valori della cooperazione mentre il fatto di essere piu’ vicine ai donatori che non ai beneficiari riguarda più le ONG americane che parlano in termini di “how we position our selves” or “how we carry out business” che non le ONG Italiane.
    L’umanità degli operatori italiani non é comparabile con nessun’altra realtà. Quello che le ONG Italiane riescono a fare con pochi fondi le altre ONG se lo sognano!
    E’ proprio per essere portatrici di questa umanità che le ONG Italiane devono crescere.
    Vorrei fare un esempio. Durante la visita di Papa Francesco in Repubblica Centrafricana tutte le ONG Internazionali hanno raccomandato di tenersi lontani dalle cerimonie del Papa per motivi di sicurezza e “neutralità”.
    Solo le ONG Italiane hanno partecipato, come Intersos il cui staff é sceso in Cattedrale a piedi e Emergency poiché il Papa ha visita il Complesso Pediatrico.
    Mi chiedo quali valori ormai portano le ONG Internazionali che di fronte alla visita di un Papa che viene invitato dall’Imam, dal Pastore e dall’Arcivescovo di Bangui in nome della pace e del dialogo interreligioso parlano di “neutralità”.
    La realtà é che SENZA IDENTITA’ NON C’E’ DIALOGO! Come potrebbero due esseri neutrali dialogare? Su che cosa?
    Ho trovato inoltre molta resistenza da parte delle ONG Internazionali a lavorare con la Società Civile locale facendo pensare che a forza di essere “NEUTRALI” hanno dimenticato il perché si fa Cooperazione.
    Solo lavorando con la società civile locale le ONG Internazionali potranno continuare a fare un lavoro interessante altrimenti sarà solo un business, come tanti altri, che promuove solo se stessi e la propria sopravvivenza.

  7. Ci sarebbe da sottolineare che l’articolo e’ una traduzione / adattamento di un articolo uscito sul Guardian qualche giorno fa. Evidentemente, si rivolge principalmente alla realta’ inglese.

    Questo, solo per contestualizzare.

    In Italia si potrebbero fare analisi differenti.
    A livello globale, altre ancora, anche se certo le analisi di Glennie hanno una loro rilevanza.

  8. Se davvero le ONG italiane (insieme, unite, separate o in competenzione) desiderano dare un contributo costruttivo ed effettivo alle realtà più impoverite del pianeta, dovrebbero mettersi in testa una sola cosa: DARSI DA FARE PER RENDERSI INUTILI!

    Il contrario sarebbe continuare con la retorica della “solidarietà con i poveri” per mantenere in piedi la logica della disperazione e, così, continuare a giustificare l’esistenza delle ONG…. LAVORATE PER RENDERVI INUTILI UNA VOLTA PER TUTTE!!!

  9. Grazie Max per la contestualizzazione.

    In realtà molte ONG registrate in Inghilterra sono ONG americane che per accedere a fondi dell’Unione Europea hanno bisogno di una filiale in uno Stato Europeo.

    Cosi’ come tra le ONG Italiane conosco solo l’AVSI che si é registrata in USA per accedere a fondi USAID e dialogare con la World Bank.

    Le ONG Italiane erano abituate a lavorare quasi solo con la Cooperazione Italiana e adesso anche con fondi di altre Agenzie oltre che con UE.

    Ma anche con l’UE in realtà hanno piccoli progetti essendo i grossi progetti gestiti da grosse agenzie basate in Germania e Francia che tra l’altro reclutano per lo piu’ personale asiatico a basso costo.

    Manca una lobby del nostro Governo e dei nostri parlamentari europei!

    Come diceva molto bene un tecnico dell’UE in un incontro tenutosi a Barcellona: siamo abituati a vedere la Cooperazione Nord Sud mentre invece bisognerà ripensare la Cooperazione come Nord Nord (vedasi recente flusso migratorio verso l’Europa da Paesi vicini)

    Qui sono da una parte con Edgar ma dall’altre la società civile non è mai inutile quando individua i bisogni e da risposte secondo il pricipio della Sussidiarietà, ma non sostituendosi alla Società Civile Locale!

    Invece sembra che molte ONG, soprattutto straniere, vivano di catastrofi! Basta vedere come è stata scoraggiata la visita del Papa in Repubblica Centrafricana dai media e servizi segreti di alcuni Paesi Europei!

    Tornando alle ONG Italiane io non vedo tutta questa rivalità ma vedo soprattutto la mancanza di capacità di lavorare in Consortia con altre ONG o con privati come indicato nella nuova Legge sulla Cooperazione Internazionale.

    Vedo anche un trattamento economico inadeguato dei Cooperanti rispetto ad altre ONG Internazionali e al loro diritto alla pensione, alla famiglia, alla scuola per i figli, ecc.

    Infatti se andiamo a guardare ormai i Cooperanti Italiani o sono neolaureati o pensionati.

    Chi ha una famiglia scappa con altre organizzazioni o con le UN che danno ben altri benefici. Oppure prendono il pretesto di lavorare con una ONG per non creare una famiglia rimanendo sempre “giovani”, partecipare alle feste che usano fare le ONG il venerdi’ o sabato sera, ecc. ecc.

    Questo fa si che le ONG Italiane non abbiano esperti maturati al loro interno che ne curino lo sviluppo ma che ci sia un continuo ricambio impoverendo cosi’ il patrimonio umano acquisito.

    Questo fa si anche, che si continui a fare la Cooperazione in termini di “carità” per cui dare la scuola ai figli dei cooperanti, o dargli una pensione, costa troppo .

    Tra l’altro vorrei sapere a ci è venuta l’idea della cassa INPS a gestione separata che praticamente non da nulla!

    Facendo quindi la carità, che pure è necessaria, ci scorda dei diritti nostri e dei nostri figli.

    Mi auguro che si apra un ampio dibattito tra le ONG Italiane e con il Governo e che i Cooperanti partecipino o vengano invitati al tavolo delle trattative quando le ONG trattano con i Sindacati perché altrimenti si fanno riforme che giovano solo al lustro delle ONG e non per chi ci lavora.

  10. Mi piacerebbe se Dino Sergi potesse espandere questo suo pensiero e spiegarlo meglio.
    “Il settore dello sviluppo internazionale è da sempre costituito da una grande varietà di organizzazioni, grandi e piccole, radicali e conservatrici”: far coincidere il settore della cooperazione allo sviluppo con l’azione delle organizzazioni della società civile mi sembra corrispondere ad una visione esageratamente riduttiva.

    1. Cara Natalia,
      al mio pensiero corrisponde solo la seconda delle due frasi. La prima (“Il settore dello sviluppo internazionale è da sempre costituito da una grande varietà di organizzazioni, grandi e piccole, radicali e conservatrici”) è di Jonathan Glennie. Con la seconda (“far coincidere il settore della cooperazione allo sviluppo con l’azione delle organizzazioni della società civile mi sembra corrispondere ad una visione esageratamente riduttiva”) ho inteso semplicemente affermare che la cooperazione allo sviluppo coinvolge una molteplicità di soggetti: multilaterali, internazionali, nazionali, territoriali, governativi e non governativi, pubblici e privati, istituzionali e della società civile, profit e non profit… Ho anche cercato di capire se con “organizzazioni grandi e piccole, radicali e conservatrici” Glennie potesse riferirsi alla molteplicità dei soggetti che ho appena elencato, ma le righe successive me l’hanno definitivamente escluso. Il non riuscire a ricordare una “situazione più divisa, eterogenea di quella odierna” è riferito infatti alla “maggior parte delle organizzazioni della società civile” che “sembrano occupate a fare le loro cose, in competizione per i fondi come mai fino ad oggi”.
      Per inciso: ritengo che sia maggiormente produttivo evidenziare i comportamenti positivi piuttosto che continuare a soffermarsi su quelli negativi (che non dobbiamo comunque negare). Penso che valga per tutti: gli esempi positivi spingono all’imitazione e quindi a cercare di migliorare noi e le nostre realtà.

  11. Giusto. Parlando di positività allora guardiamo agli sviluppi della società civile in RCA in collaborazione con alcune ONG Internazionali ed individui di buona volontà, che spero presentare nel prossimo futuro su queste pagine.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *