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Tornano i tagli all’8×1000, il PM Conte dimezza i fondi su fame nel mondo e rifugiati

Era dai tempi di Berlusconi che il governo non rimetteva le mani nei fondi otto per mille dell’Irpef a gestione statale per coprire buchi o soddisfare esigenze emergenziali di vario genere. In passato questa è stata una dinamica quasi consolidata che solo dopo l’intervento del ministro Riccardi era stata parzialmente bloccata. Il fondo otto per mille è stato più volte oggetto dei bisogni della politica. Un portafoglio di emergenza da cui attingere per qualunque motivo o semplicemente per far quadrare i conti delle finanziarie. Dagli anni di Berlusconi in poi porzioni importanti di questi fondi sono stati utilizzati per le più disparate spese. Prima alla Protezione civile, poi per la flotta aerea, poi le avversità atmosferiche del 2012 e a seguire gli eventi alluvionali, atmosferici e le precipitazioni nevose verificatesi tra 2012 e 2014.

Pur senza applicare tagli, un intervento sui fondi otto per mille è stato operato l’anno scorso anche dal governo Renzi che, su iniziativa di Franceschini e Realacci, ha blindato la quota destinata ai beni culturali fino al 2026 per il recupero dei beni culturali colpiti dal sisma nel centro Italia.

Oggi invece tornano i tagli lineari ai fondi destinati alle categorie Fame nel mondo e Assistenza dei rifugiati. Il Consiglio dei Ministri, su proposta del Presidente Giuseppe Conte, ha deliberato, ai sensi dell’articolo 2-bis, comma 5, del decreto del Presidente della Repubblica 10 marzo 1998, n. 76, l’assegnazione delle risorse dell’otto per mille dell’Imposta sul reddito delle persone fisiche (Irpef) a diretta gestione statale, relative all’anno 2017, incrementando la quota relativa alla categoria calamità naturali e riducendo del 50 per cento rispettivamente quelle relative alla fame nel mondo e all’assistenza ai rifugiati, di cui all’articolo 47 della legge 20 maggio 1985, n. 222.

Via quindi il 50% dei fondi su Fame nel mondo e Assistenza dei rifugiati che andranno ad ingrossare il budget della categoria calamità naturali.

E pensare che solo tre anni fa i parlamentari del Movimento 5 Stelle si preoccupavano con un’interpellanza alla Camera dei Deputati di verificare che i fondi previsti dell’otto per mille venissero correttamente utilizzati per progetti di cooperazione allo sviluppo. Oggi sembra che questa non sia una priorità e che nulla si muova per riformare lo strumento otto per mille, uno meccanismo da sempre opaco, inefficiente e mal gestito dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri.

14 mesi dopo la presentazione delle proposte progettuali (lo scorso settembre 2017) non è noto sapere quando lo schema di ripartizione dei fondi 2017 sarà licenziato dalle commissioni parlamentari e pubblicato dalla PcM.


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  1. E interessante ricordare che nella “relazione al Parlamento sulla utilizzazione dei fondi dell’8×1000 dell’Irpef a diretta gestione statale – Dati aggiornati al 30 giugno 2018” si ricordi (….e sono stati veramente profetici!) il pronunciamento della Corte dei Conti sulla costante distrazione delle risorse di questo istituto.

    “Sul tema della riduzione delle risorse dell’otto per mille devolute alla diretta gestione statale, la Corte dei conti aveva avuto modo di ricordare, nella deliberazione 23 dicembre 2016, n. 8/2015/G, la costante distrazione verso finalità diverse da quelle previste dalla legge n. 222 del 1985, per esigenze di bilancio, di parte delle risorse che i contribuenti destinano allo Stato. Ha, infatti, osservato la Corte che: “Sin dai primi anni di applicazione de/l’istituto, la quota statale è stata drasticamente ridotta, dirottata su altre finalità, venendo meno l’affidamento – derivante dalla sottoscrizione – sull’utilizzo della stessa. Complessivamente, negli anni, le decurtazioni ai fondi rappresentano oltre i due terzi delle somme destinate dai cittadini. Per gli anni 2011 e 2012, la quota è stata completamente azzerata; per il 2013, si è ridotta, da 170 milioni, alla cifra irrisoria di 400 mila euro. La decurtazione della quota del/’8 per mille di competenza statale andrebbe eliminata affinché possa essere garantita la piena esecuzione della volontà e della libera scelta di tutti. Risulta contrario ai principi di lealtà e di buona fede che il patto con i contribuenti sia violato, tanto più che vengono penalizzati solo coloro che scelgono lo Stato e non gli optanti per le confessioni, le cui determinazioni non sono toccate, cosa incompatibile con il principio di uguaglianza: la volontà di chi sceglie lo Stato deve essere considerata con lo stesso rispetto riconosciuto a chi opta per una confessione religiosa”.

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