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Chi coprirà il buco di USAID?

Il recente congelamento dei fondi da parte dell’United States Agency for International Development (USAID), voluto dall’amministrazione Trump, sta mettendo in seria difficoltà governi, agenzia internazionali, ONG e organizzazioni della società civile in tutto il mondo. Dal supporto alle persone con disabilità nei Balcani e in Europa dell’Est, ai programmi sanitari in Africa e all’assistenza umanitaria in Ucraina, l’impatto di questa decisione può avere effetti devastanti. Dall’invasione su larga scala della Russia del 2022, l’Ucraina è stata il maggior beneficiario dei fondi di USAID. Negli ultimi tre anni ha ricevuto 37 miliardi di dollari in aiuti, che hanno influenzato praticamente ogni aspetto della vita ucraina.

Se gli Stati Uniti, storicamente uno dei maggiori donatori globali, confermassero la decisione di ridurre drasticamente il loro impegno nella cooperazione e nell’aiuto umanitario, chi potrebbe riempire il vuoto lasciato da USAID?

Il rischio è che questa crisi possa durare ben oltre i 90 giorni previsti per la revisione dei fondi da parte dell’amministrazione Trump. Organizzazioni e governi dovranno agire rapidamente per garantire che i progetti più cruciali non vengano interrotti e cercando di trovare soluzioni per tamponare l’emergenza, ma la situazione rimane critica.

L’Unione Europea e le difficoltà di colmare il vuoto

Molte organizzazioni hanno immediatamente fatto appello all’Unione Europea, chiedendo finanziamenti d’emergenza per evitare la chiusura di progetti vitali. Tuttavia, la Commissione Europea ha chiarito che, nonostante il proprio impegno nel settore umanitario, non può sostituire gli Stati Uniti come principale finanziatore. Il portavoce della Commissione ha sottolineato che l’UE continuerà a garantire il proprio aiuto umanitario, ma che la portata della crisi richiede uno sforzo congiunto da parte della comunità internazionale.

Il colpo è particolarmente duro in primis per le ONG che si trovano a dover bloccare da un giorno all’altro centinaia di iniziative sul campo in assenza di garanzie sulla continuità dei fondi; sono migliaia gli operatori locali che vedrebbero sospeso il loro contratto e centinaia di migliaia le persone che vedrebbero sparire servizi vitali garantiti dai progetti in corso. La richiesta del mondo non governativo è chiara: servono fondi d’emergenza e un impegno a lungo termine per garantire almeno i programmi umanitari a servizio dei gruppi più vulnerabili che inevitabilmente sarebbero lasciati senza alcuna protezione.

Governi e agenzie alla ricerca di soluzioni alternative

Ma ad attivarsi non sono solo le ONG, di fronte a un buco di 156 milioni di dollari lasciato dal congelamento dei fondi USAID, il governo del Ghana è stato trai primi a muoversi per trovare soluzioni alternative. Il presidente John Dramani Mahama ha incaricato il Ministro delle Finanze di elaborare un piano per colmare il deficit e garantire la continuità dei programmi essenziali. I settori più colpiti includono educazione, sanità e infrastrutture, aree in cui i finanziamenti di USAID avevano un impatto significativo nonostante il governo ghanese stia cercando di rafforzare la propria resilienza finanziaria e di ridurre la dipendenza dagli aiuti esterni, una sfida complessa che però non può essere vinta da un giorno all’altro.

Una sfida importante anche per le organizzazioni internazionali e le agenzie di cooperazione nazionali. In Canada, per esempio, il settore della cooperazione sta affrontando una crisi senza precedenti. Organizzazioni come Cooperation Canada hanno avvertito che il congelamento dei fondi da parte di USAID avrà conseguenze importanti sull’operatività se il governo di Ottawa non intervenisse immediatamente con un sostegno straordinario. Alcuni programmi canadesi dipendono direttamente dai finanziamenti USAID o da organizzazioni internazionali che ricevevano fondi statunitensi.

Alle Nazioni Unite si cerca di incassare il colpo e il Segretario generale delle Nazioni Unite António Guterres ha inviato una lettera a tutto il personale UN per annunciare la sua mobilitazione nei confronti del Presidente Trump per garantire la continuità delle attività umanitarie e di sviluppo essenziali. Più allarmati i responsabili di alcune agenzie, in primis OCHA – Agenzia di coordinamento degli aiuti umanitari, il cui direttore ha stigmatizzato che il governo degli Stati Uniti ha finanziato circa il 47 percento dell’appello umanitario globale in tutto il mondo lo scorso anno. Cifre che da sole danno l’idea della dimensione del problema. 

L’impatto sul sistema della cooperazione italiana

Anche il sistema della cooperazione italiana è stato colpito dallo stop ai finanziamenti USAID. Fondazione AVSI, che opera con fondi americani in paesi come Haiti e Uganda, ha espresso preoccupazione per le ripercussioni sui propri progetti che pesano fino a 19 milioni di euro. L’organizzazione umanitaria INTERSOS copriva con i fondi USAID il 17% per cento del proprio budget, aiuti per circa 500mila persone che rischiano di essere cancellati nelle prossime settimane. AOI, la rete nazionale delle organizzazioni Italiane di cooperazione e solidarietà internazionale, ha rivelato attraverso un monitoraggio interno che oltre 10 milioni di euro sarebbero bloccati per una decina di ONG aderenti alla rete. Questi fondi erano canalizzati attraverso progetti UNICEF e OMS soprattutto in Medio Oriente, la loro sospensione sta avendo un impatto diretto su milioni di rifugiati che hanno perso accesso a cibo e cure mediche.

La speranza è che l’Italia possa giocare un ruolo diplomatico nella crisi, data la vicinanza tra la premier Giorgia Meloni e Donald Trump. Molti operatori della cooperazione auspicano un intervento per far riconsiderare all’amministrazione statunitense la decisione di congelare i fondi o lo stanziamento di fondi straordinari per coprire il gap lasciato da USAID.

Una proposta che sembra trovare il consenso del Vice Ministro Cirielli, che ieri, durante l’audizione Commissione Affari esteri della Camera, nell’ambito dell’esame dello schema di documento triennale di programmazione e di indirizzo della politica di cooperazione allo sviluppo 2024-2026, ha garantito un suo interessamento in merito per trovare possibili soluzioni da parte del MAECI.

Nella stessa giornata di audizioni il direttore della DGCS Gatti ha reso noto che il ministero sta già effettuando una rilevazione degli effetti dello stop di USAID sui progetti e i bilanci delle OSC italiane per avviare iniziative diplomatiche con l’amministrazione Trump volte a diminuire il più possibile l’impatto negativo.


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